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Racconti ogliastrini. Tortolì, la vicenda dell’uomo che arava e sfuggì al rapimento dei Mori

Le coste della Sardegna tra XVI e la fine del XIX secolo subirono continue incursioni e saccheggi da parte dei corsari barbareschi.

Continue razzie influirono notevolmente sull’economia e sulla vita delle popolazioni delle zone vicine al mare – ma anche di quelle dell’entroterra – con i sardi letteralmente atterriti dai “Mori”, tanto che alcune zone hanno preso il nome da vicende legate avvenute in tale periodo storico.

Sono diverse i racconti e gli aneddoti giunti fino a noi, come quello raccontato nel libro “Corsari e pirati nel mare d’Ogliastra” dello scrittore Ivan Marongiu.

L’autore riporta la storia rimasta viva nella memoria della comunità di Tortolì fino a qualche decennio fa, narrata da “tziu” Francesco Piras, classe 1920. In questo racconto popolare il protagonista assume connotati quasi eroici, quasi un “antidoto” per alleviare la dura realtà dell’epoca, dove era palese l’indifferenza delle autorità prima spagnole e poi piemontesi nel difendere la Costa Orientale dell’Isola.

Narra di un uomo, che un giorno si recò ad arare il suo terreno nelle campagne tortoliesi. Mentre era intento a governare il giogo dei buoi che trainavano l’aratro, fu sorpreso e accerchiato da un gruppo di Mori sbarcati nella spiaggia di “Foxi de Lione”, nei pressi di “Muscì” – zona oggi conosciuta come il Golfetto -.

Gli otto saraceni avevano come obiettivo di sequestrare l’uomo e caricarlo insieme ai suoi buoi sulla loro nave. Il contadino vedendosi preclusa ogni via di fuga, non si arrese e decise di affrontare gli stranieri. Così sfruttando la propria mole fisica, staccò dall’aratro ligneo il vomero di metallo e utilizzandola come arma si scagliò con forza e grande agilità contro i pirati.

L’azione fulminea dell’uomo colse di sorpresa i Mori, tanto che quattro di questi stramazzarono a terra morti mentre gli altri atterriti fuggirono verso l’imbarcazione per scampare alla furia cieca del tortoliese.

 

 

 

 

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