Continuando ad applicare il regime di carcere duro previsto dall’articolo 41 bis del codice penale nei confronti di Bernardo Provenzano, l’Italia avrebbe violato i diritti umani del noto boss mafioso, arrestato nel 2006. Lo sostiene la Corte europea dei diritti umani in una sentenza resa pubblica stamattina.

Secondo i giudici di Strasburgo, il ministero della Giustizia italiano ha violato il diritto di Provenzano a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti nel suo ultimo periodo di vita, dal 23 marzo 2016 al 13 luglio dello stesso anno, giorno della sua morte.

«Quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione» ha detto l’avvocato del capomafia, Rosalba Di Gregorio, commentando la sentenza.

Lieto fine per una vicenda che avrebbe potuto essere ben più amara di così.

Nuoro, gli agenti di pattuglia nella cittadina hanno notato una donna che, in evidente stato di agitazione, ha spiegato loro di aver perso la borsa. All’interno di essa, lo stipendio di un mese intero, appena ritirato.

La donna, una badante romena a Nuoro da appena un mese, era disperata: erano soldi destinati alla sua famiglia, ha spiegato agli agenti.

Dopo aver ricostruito tutti gli spostamenti, gli uomini hanno ritrovato la borsa – con gli effetti personali e lo stipendio – sotto un sedile dell’autobus.

«Con questo stipendio vive tutta la mia famiglia in Romania» ha dichiarato, come scrive Ansa, la donna in lacrime.