Tra America, Inghilterra e Sardegna nel segno della musica. La chitarrista Irene Loche si racconta
Il suo lavoro è un viaggio surreale tra il blues e l’acustico, tra momenti idilliaci in cui il folk e il soul si incontrano e dove accordature aperte e ritmi lontani diventano protagonisti, con inediti in cui descrive, musicandole, esperienze
Il suo lavoro è un viaggio surreale tra il blues e l’acustico, tra momenti idilliaci in cui il folk e il soul si incontrano e dove accordature aperte e ritmi lontani diventano protagonisti, con inediti in cui descrive, musicandole, esperienze personali. Stiamo parlando di Irene Loche, musicista di Oristano, che a soli 25 anni ha già calcato palchi di grande levatura ed è richiestissima.
Sei molto giovane eppure hai alle spalle grande esperienze di palco. Come e quando è nato l’amore per la musica e per la chitarra in particolare?
Ho iniziato a suonare molto presto, avevo sei anni quando imbracciai la prima chitarra e mio padre mi insegnò il primo accordo. Ricordo ancora bene il dolore ma insistetti comunque. Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente musicale, in casa non sono mai mancati i dischi, una chitarra, e soprattutto la passione per la musica. Ricordo che una domenica a pranzo mio padre mise una vhs del live “Pulse” dei Pink Floyd, mi colpì talmente tanto che promisi che prima o poi avrei suonato così. Un sogno utopico, ma mi ha dato lo stimolo per continuare ad imparare e suonare.
Ti sei affacciata al panorama musicale come solista ma fai parte anche di una band. Come è nato il progetto artistico con i Sunsweet Blues Revenge?
In realtà il trio è attivo da molto più tempo del progetto solista. Il progetto SBR nasce nel 2011 ma suoniamo insieme da prima, raccogliendo in totale una decina di anni di esperienza, live e dischi assieme. Il Blues è stato (ed è ancora) il collante, il motivo per cui ci siamo legati.
Hai suonato con dei mostri della musica. Quale incontro ti è rimasto più impresso?
Ho avuto la fortuna di condividere palchi e momenti con tantissimi musicisti incredibili. Ricordo un live in cui si avvicinò Sherman Robertson, avevamo appena finito di suonare con il trio e stavo ritirando la strumentazione assieme a Luca (il bassista del trio, ndr). Sherman era molto entusiasta del suono ed esclamò ‘She’s got a great tone!! What kind of pedals is she using?” Luca gli mostrò il pedalino e gli rispose “This one, hands and her Fender Hot Rod”. Ne rimase stupito, mi fece segno di approvazione, successivamente gli chiesi scusa per il mio inglese e lui mi disse “Non importa quello che dici, ma come lo dici”.
Un’altra volta al Namm Show, stand della Magnatone, mentre stavo provando quello che diventò poi il mio amplificatore ufficiale, si avvicinò John Sebastian incuriosito ed entusiasta, mi chiese un consiglio e quale degli amplificatori esposti preferissi. È stato divertente perché all’inizio non sapevo chi fosse, quando lo scoprii rimasi molto colpita. Credo che tra tutte le cose, oltre la musica, l’umiltà e la semplicità di queste persone è ciò che mi ha colpito di più.
Come è nato Garden of Lotus?
GoL è nato da una scommessa con me stessa, da una messa in gioco. Avevo quel progetto nascosto nel cassetto da quando ero bambina, brani che suonavano solo tra le mura di casa. È grazie a Luca che Garden of Lotus è nato, è grazie a lui che ho trovato il coraggio di fare questo passo. Il disco è un Ep di 6 tracce, forse si potrebbe intendere come un piccolo “concept“, dal nostro mondo più intimo.
Cosa significa essere donna in un ambiente prettamente maschile come quello della musica? Vantaggi? Ostacoli?
È strano sicuramente, non per me, ma per molti. Vedere una ragazza che suona oggi è ancora una sorpresa, nonostante ci siano tantissime musiciste e chitarriste, anche molto brave. Per fortuna pochissime volte ho avuto esperienze negative, o simili. Sono dell’idea che musica è comunicazione e non competizione e su questo credo tanto e continuo a lavorare. Donna, uomo o chiunque sia, il cuore lo abbiamo tutti.
Per il tuo primo videoclip hai chiesto collaborazione ad Alessio Cuboni, un videomaker ogliastrino. Come è andato il sodalizio artistico?
Alessio è stato ed è meraviglioso. Ha una passione, un dono e una professionalità che continua a stupirmi. Lui è dedito, totalmente, a quello che fa e riesce a dare voce a ciò che osserva. Ho avuto la fortuna di conoscerlo tramite Emilio Canu (D.O.P del video e producer) con cui avevo già avuto una collaborazione. Emilio come Alessio è una persona meravigliosa e questo lo si vede nei suoi lavori. Li ringrazio immensamente perché hanno realmente dato vita al brano, “We’ll meet again”.
Sei di casa ormai a Los Angeles. Che effetto ti fa calcare palchi di quella levatura?
La strada da fare è ancora tanta, L.A. è una città enorme, calda, e non parlo solo del clima, ma della gente! Ed è ciò che mi stupì maggiormente la prima volta che misi piede negli States.
Per ora sto cercando di crescere, a gennaio ritornerò nuovamente in America, per il Namm e probabilmente per nuove date.
Cosa pensi del panorama musicale sardo? Quali sono gli artisti da tenere d’occhio secondo te?
Abbiamo una ricchezza nascosta di cui non siamo realmente consapevoli, e non solo musicalmente. Il panorama sardo, a partire da quello più semplice e locale, ha una qualità altissima rispettivamente alla densità del territorio. Ci sono artisti di un valore unico, che con la testa bassa e senza pretese portano in giro il nome sardo. Primo che mi viene in mente è Francesco Piu ma non solo, ci sono davvero realtà, anche più giovani, dal talento unico. Purtroppo, non so perché, noi stessi siamo i primi a non dare valore a ciò che abbiamo, anche se le cose sono decisamente migliorate negli anni.
Che musica ascolta Irene Loche quando è a casa in relax?
Ultimamente ho ripreso a far girare qualche vinile e spesso mi ritrovo ad ascoltare James Taylor o Jackson Browne ma non solo, John Mayer e Anders Osborne mi fanno spesso compagnia. Sono alla ricerca anche di musica nuova, quasi sempre, ascolto di tutto, ma trovo l’ispirazione e nuovi suoni nella musica “vecchia”.. ed è lì, che si torna al Blues.
Sei anche una endorser della Magnatone. Come è nata la collaborazione?
È nata sempre grazie a Luca, a dire la verità! È lui che durante il primo anno del Namm Show Anaheim mi consigliò di provare i Magnatone e ne rimasi estasiata, realmente! È stato come mettere un pezzo di un puzzle al posto giusto. Ted, il CEO della Magnatone, mi sentì suonare e mi disse che il mio suono era ciò di cui avevano bisogno. E da questo nacque il rapporto con loro, in cui credo davvero tantissimo ed è un pensiero sincero e senza influenze. La Magnatone oggi è il Suono.
Da dove trai ispirazione per comporre i tuoi brani?
L’ispirazione arriva da ciò che vivo, dagli sbagli, dai viaggi o dalle persone che incontro. A volte anche dal vuoto, perché ci sono anche quei periodi in cui non c’è nulla di cui parlare. La cosa importante è non forzare mai. Un brano è un racconto, un discorso, da condividere con gli altri, perché è anche per gli altri e in qualche modo gli appartiene. Io credo così.
Progetti per il futuro?
Tantissimi e sempre in aumento. Il nuovo disco è sicuramente uno dei prossimi e il nuovo video lo vuole preannunciare a grande voce. Allo stesso tempo procedo passo a passo, so che è un momento delicato, tutto sta prendendo forma e cambia costantemente, ed io in tutto questo, sto cercando di imparare. Oggi scrivo dall’Inghilterra, a gennaio sarò in America, in autunno forse Italia e poi chissà? Quel “chissà” è il mio progetto futuro migliore, per ora.
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Slalom Città di Loceri, Salvatore Venanzio vince lo Slalom ogliastrino
Slalom Città di Loceri, Salvatore Venanzio vince la edizione n.7 dello Slalom ogliastrino, seconda piazza per Salvatore Arresta, terzo gradino per Luigi Vinaccia. Successo di pubblico lungo il percorso.
Prima vittoria in campionato per Salvatore Venanzio che si aggiudica la settima edizione dello Slalom di Loceri. In una giornata di sole il pilota campano ha superato i 3900 metri di percorso a ostacoli con 13 birilli e la garanzia di spettacolo e sicurezza per piloti e successo di spettatori.
Il podio racchiuso in una manciata di secondi: Salvatore Venanzio, su Radical SR4 Suzuki, ha confermato la vittoria dello scorso anno: decisiva l’ultima manche che in 173,31 ha abbassato di 9 decimi il tempo fatto registrare nella seconda salita da Salvatore Arresta, secondo assoluto con 174,21. La giornata di Venanzio non era iniziata nel migliore dei modi visto il problema tecnico alla sua Radical Sr4 Suzuki che lo aveva rallentato nella prima manche di gara. Nella seconda il pilota campano era salito al secondo posto alle spalle di Arresta con la zampata decisiva nell’ultima salita di gara. Buona comunque la piazza di Arresta anche lui incappato in qualche problema tecnico alla sua Formula Gloria che gli ha impedito di partire nella prima manche in cui il miglior tempo è stato segnato da Luigi Vinaccia. L’esperto pilota campano ha occupato l’ultimo gradino del podio con il tempo 175,70 fatto segnare nella prima delle tre cronometrate.
“Sono molto contento perché fortunatamente sono riuscito a fare una terza manche senza errori – dice Salvatore Venanzio – devo dire che questa è anche la prima volta in Sardegna sotto il sole dopo anni in gara con il brutto tempo. Abbiamo fatto una ricognizione per studiare bene il percorso perché in asciutto sapevamo che sarebbe stato diverso dal passato. Durante la prima manche abbiamo avuto problemi al differenziale da subito sistemato e questo ci ha consentito di fare una seconda manche per prendere punti e poi la terza in cui ho dato il massimo che potevo “.
“Oggi la giornata non era iniziata nel migliore dei modi – dichiara il secondo classificato Salvatore Arresta – già alla prima manche abbiamo rotto la catena alla partenza, alla seconda ero primo in assoluto e l’ultima abbiamo fatto una modifica che purtroppo ci ha portati non sulla buona strada. Però se guardiamo in ottica Campionato Italiano come prima gara, il secondo posto assoluto è un ottimo risultato”.
“Tutto sommato è un buon risultato – Luigi Vinaccia al terzo gradino del podio – nelle ricognizioni abbiamo fatto il miglior tempo che è poi incrementato nella prima manche, nella seconda e nella terza abbiamo usato le gomme nuove che però non hanno dato il riscontro che avrei dovuto avere per abbassare il tempo che avevo registrato con le vecchie gomme. Non abbiamo capito il motivo di questa differenza, forse abbiamo fatto qualche manovra sbagliata. Comunque tutto sommato sono contento, è un percorso molto veloce e molto impegnativo, che richiedeva una bella prestazione”.
Leggermente più staccato dai tre protagonisti del Campionato Italiano, il primo dei piloti sardi: Lussorio Niolu (Radical Suzuki), che ha vinto il derby isolano con Andrea Acquas anche lui su Radical per appena 9 centesimi di secondo. Sesta posizione per Roberto Idili, (IR1400 Kawasaki) seguito dal pilota di Buddusò Francesco Marrone su Osella PA9. Chiudono la top ten Paolo Piras su Elia Avrio, Quirico Beccu su Formula Gloria e Daniele Vacca su M02 Yamaha.
Tra le vetture a ruote coperte buon 11°posto di Diego Pala vincitore del gruppo speciale su Fiat X1/9 mentre l’affollato gruppo E1 Italia è stato vinto da Giovanni Coghe su Citroen Saxò. Tra gli iscritti al Campionato Italiano, 18^ di Leo Dei Ceci che ha vinto il gruppo E2SH.
Vittoria femminile per Cristina Ruggiero su Citroen C1Cup e tra le storiche e successo per la Peugeot 205 di Matteo Priola.
Soddisfatti gli organizzatori dell’Ogliastra Racing: “l’ottima riuscita della gara organizzata in collaborazione con la Regione Sardegna, il Comune di Loceri e l’Unione dei Comuni dell’Ogliastra e Arbus ProMotors ci riempie di gioia– commenta Fabrizio Seoni presidente della scuderia – in questo territorio c’era tantissima attesa e questo aspetto si è confermato con la grande partecipazione di pubblico presente lungo tutto il tracciato di gara. Vincente anche lo spirito di accoglienza del paese, nata dalla volontà condivisa con la popolazione di Loceri che ci ha ospitato, di organizzare una festa per il pubblico. L’attenzione verso i concorrenti e gli appassionati sono le prerogative di questa nostra realtà ogliastrina, siamo un’isola lontana geograficamente ma che vuole essere vicina a tutti nel modo di vedere lo sport automobilistico”.
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