Lo sapevate? Perché Sant’Ambrogio, patrono di Milano, è il protettore delle api?

Sant'Ambrogio è il patrono di Milano: lo si celebra nel capoluogo solitamente preparando l'albero di Natale e con la Prima alla Scala. Ma è anche il protettore delle api: scopriamo perché.
Lo sapevate? Perché Sant’Ambrogio, patrono di Milano, è il protettore delle api?
Sant’Ambrogio è il patrono di Milano: lo si celebra nel capoluogo solitamente preparando l’albero di Natale e con la Prima alla Scala. Ma è anche il protettore delle api: scopriamo perché.
Spesso il Santo è associato alle api, di cui è protettore (oltre che degli apicoltori e dei fabbricanti di cera). La leggenda racconta che quando era in fasce alcune api gli entrarono in bocca mentre dormiva, lasciandolo illeso.
Il papà del bambino, vedendo quella scena, all’inizio si spaventò, poi capì che le api non avrebbero fatto del male al figlio.
Le api infatti salirono in cielo spontaneamente, senza far del male al bambino. Per questo il suo parlare persuasivo era dolce come miele, dicevano i contemporanei.
Anche con le sue gesta, quest’ uomo rappresentò al meglio l’operosità delle api. Ecco perché si parla della risaputa dedizione al lavoro dei milanesi in genere. In suo onore sono state riprodotte diverse opere che lo ritraggono con le api.
La più recente è il murale realizzato nel 2020 a Milano da Igor Scalisi Palminteri, artista palermitano erudito, impegnato nel sociale e convinto del valore di creare “musei a cielo aperto” e di rendere famigliari e vicini i grandi santi del passato. Come già fatto nella sua Palermo con San Benedetto il Moro e Viva Santa Rosalia.
Si tratta di un omaggio agli eroi contemporanei che da Sant’Ambrogio prendono ispirazione ed un invito a prendersi cura della natura, proprio come fanno le nostre amate api.
E così, come riporta un vecchio articolo di Lifegate, da un’idea di Stefania Morici di Arteventi insieme a Showbees e con il sostegno anche del Comune di Milano, il pittore è stato chiamato a dare forma a un enorme murale, inaugurato il 4 dicembre sulla facciata di un palazzo di corso XXII marzo, che ritrae il vescovo del IV secolo con il volto e le fattezze di un uomo contemporaneo. E precisamente quello dell’apicoltore Michele Bonfoco, che con la sua azienda Apiamo si prende cura di queste preziose creature nel Parco del Ticino Pavese.
Il santo indossa tuta e casco da apicoltore, al posto del tradizionale abito talare e della mitra vescovile. Un’immagine insolita, ma profondamente evocativa. Oltre a raccontare il leggendario legame del santo con le api e gli apicoltori, di cui è considerato il patrono, il murale è infatti anche un richiamo all’operosità dei milanesi e di tutti coloro che si impegnano nel lavoro, con spirito di sacrificio e abnegazione. Le mani aperte in un gesto di accoglienza, rivolto alle api e al mondo intero, citano l’importanza di prendersi cura del creato e di queste instancabili protettrici della biodiversità, oggi minacciate dalla crisi ambientale.
Nell’anno in cui la pandemia ha chiesto a tutti grandi sacrifici, quest’opera diventa anche un omaggio ai tanti eroi contemporanei. “Sant’Ambrogio diventa uno di noi. Un supereroe del nostro tempo come il medico, l’infermiere, persino il vicino che ti aiuta con la spesa”, spiega dice Stefania Morici. “Il Covid ha unito tutti, ci ha resi amici, fratelli, solidali, tutti parte di un unico movimento collettivo di aiuto alla comunità. Per questo abbiamo pensato Sant’Ambrogio con il volto di un apicoltore lombardo, non solo perché è uno di noi, ma anche per tutto quello che le api rappresentano per il nostro pianeta. La loro estinzione, conseguenza delle azioni umane, metterebbe a rischio tutto l’ecosistema: salvando le api, salveremo il pianeta!”.
Sant’Ambrogio non era milanese, ma tedesco. O meglio, oggi sarebbe nato in Germania, allora era in Gallia. La data di nascita è incerta, 339 o 340, certamente a Treviri. Apparteneva a una famiglia di rango senatorio. Si chiamava Aurelio Ambrogio e suo padre era prefetto pretorio. La sua famiglia era cristiana già da alcune generazioni, nonostante il cristianesimo non fosse ancora religione ufficiale dell’impero romano. Frequentò le migliori scuole di Roma e cominciò la carriera amministrativa. Prima a Sirmio, in Serbia, poi a Milano.
Alla sorella Marcellina e al fratello Satiro sono dedicate due chiese nel centro di Milano.
A Milano Ambrogio arrivò nel corso del suo incarico come governatore dell’Italia Annonaria per la provincia romana Aemilia et Liguria, con sede a Milano. Era l’anno 370 e la corte dell’imperatore Valentiniano I si trovava proprio nel cuore della città (le zone sono quelle attuali di Corso Magenta-Piazza San Sepolcro-Piazza Affari).
Fu vescovo di Milano dal 374 fino alla morte, nel 397. Diventò vescovo in una settimana in cui ricevette anche il battesimo.
Abile diplomatico, fu in grado di dirimere i contrasti tra ariani e cattolici.
Secondo la leggenda Arrivato in chiesa un bambino avrebbe urlato: «Ambrogio vescovo!». Un urlo a cui si sarebbe unita la folla intera. Lui disse no. Non aveva ancora avuto il battesimo che allora non si faceva da bambini e non aveva studiato teologia. Per sviare la proposta tentò di sporcare la sua reputazione ordinando la tortura di alcuni imputati e frequentando prostitute, fuggì, ma venne ripreso.
Sempre secondo la leggenda era dotato di una dialettica proverbiale, tanto che da bambino, quando era ancora in culla, tre api si posarono sulle sue labbra instillandogli stille di miele. Le sue parole dolci gli furono utili a Milano nel cuore del IV secolo.
Una volta intrapresa la sua carriera nella Chiesa donò i suoi beni ai poveri e fece vita ascetica, oltre che di studio.
Come Sant’Agostino e San Girolamo era un grande teologo e divulgatore della dottrina cattolica. Nel 386 fu determinante per la conversione al cristianesimo di Sant’Agostino che era venuto a Milano per insegnare retorica.
Sant’Ambrogio fece costruire diverse basiliche a Milano: oggi esistono San Nazaro, San Simpliciano, Sant’Ambrogio e San Dionigi.
Un suo ritratto è conservato sotto forma di mosaico nel Sacello di San Vittore.
Un bassorilievo che un tempo faceva parte delle sculture sistemate sopra la Porta Romana, oggi al Castello Sforzesco, rappresenta il Santo con uno dei suoi attributi principali: la verga con la quale cacciò gli ariani da Milano.
Un altro ritratto si trova nel gonfalone di Palazzo Marino (l’originale è conservato al Castello Sforzesco) su disegno di Giuseppe Arcimboldi e Giuseppe Meda, nel 1566.
Un altro ritratto si trova alle Colonne di San Lorenzo: il Santo è rappresentato in un murale insieme ad altri personaggi storici legati a Milano, da Attila re degli Unni a Giuseppe Verdi passando per Alessandro Manzoni.
Attualmente c’è la consuetudine di inaugurare la stagione lirica il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio. Una prassi introdotta nel 1940 che diventò stabile nel 1951 con il primo trionfo milanese di Maria Callas nei Vespri Siciliani.

(Foto Fotogramma).
I giorni attorno a Sant’Ambrogio sono quelli del mercatino di Natale milanese, Oh bej! Oh bej!. In italiano è Oh belli, Oh belli. Si tratta di una delle tradizioni milanesi più antiche. Le prime citazioni storiche sono del 1288, ma il mercato attuale nacque nel 1510 quando arrivò in città Giannetto Castiglione, primo Gran Maestro dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Doveva riaccendere la devozione dei milanesi per ordine del papa, ma temeva di non essere bene accolto e allora arrivò carico di pacchi. I bambini gridavano: «Oh belli!, Oh belli!» e da qui è nata la tradizione di organizzare la fiera nei giorni di Sant’Ambrogio, gli stessi in cui Giannetto entrò in città.
Il premio cittadino porta ancora il suo nome e si chiama Ambrogino d’oro. Il 7 dicembre si festeggia Sant’Ambrogio come protettore di Milano, ma non svolge questo compito da solo. Con lui ci sono San Carlo Borromeo e San Galdino. In città, nella basilica che porta il suo nome, sono conservate le sue spoglie.

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