Galleria Vittorio Emanuele, le 5 curiosità che non conoscevi
Avete sempre passeggiato nell’eleganza della Galleria Vittorio Emanuele II senza però chiedervi origini e segreti? Ecco 5 curiosità per saperne di più.
Galleria Vittorio Emanuele, le 5 curiosità che non conoscevi
Avete sempre passeggiato nell’eleganza della Galleria Vittorio Emanuele II senza però chiedervi origini e segreti? Ecco 5 curiosità per saperne di più.
Se c’è un simbolo a Milano che non passa mai di moda è la Galleria Vittorio Emanuele II. Fare tappa nel capoluogo lombardo, fosse anche per una toccata e fuga, significa necessariamente fare tappa in questo luogo cult, un misto tra tradizione ed eleganza.
Il suo appellativo da sempre è, tra gli altri, “Salotto di Milano” proprio perché con tutti i suoi ornamenti ricorda un concentrato di “vita borghese meneghina”, fatto di caffè, ristoranti e boutique di prim’ordine.
Ma nonostante ciò, anche la Galleria nasconde dei segreti. Quali? Scopriamone 5 insieme.
Progetto lungo e tortuoso.
Dare vita alla Galleria fu un progetto tutt’altro che semplice. L’idea iniziale venne a Carlo Cattaneo, fu lui a pensare che piazza Duomo e piazza della Scala dovessero essere collegate da una via commerciale. Era il 1839. Il comune se la “prese comoda” e solo nel 1860 lanciò un concorso ad hoc: parteciparono 176 architetti, nessuno svelò un progetto così convincente per la giunta comunale.
Si dovette arrivare al 7 marzo 1865 quando Vittorio Emanuele II posò la prima pietra dopo che venne dato il via libera all’idea di Giuseppe Mengoni. In tre anni l’opera vide globalmente la luce. Nel 1869, però, la ditta appaltatrice fallì e fu lo stesso comune di Milano a rilevare la Galleria per 7,6 milioni di lire e a definirla nel 1877.
Una tragedia pre-inaugurazione
Il 30 dicembre 1877, alla vigilia dell’inaugurazione, si registrò una tragedia: Giuseppe Mengoni cadde da un’impalcatura e morì. In tanti hanno annoverato l’evento come un suicidio dovuto alle continue pressioni che l’architetto non riuscì a reggere.
Oggi Mengoni riposa al Cimitero Monumentale sotto una scultura ideata da Francesco Barzaghi che lo ritrae insieme alla sua amata figlia mancata, a sua volta, nel 1880, ma anche una targa commemorativa è presente in galleria.
L’Ottagono Centrale
Chi nomina la Galleria Vittorio Emanuele II sa che non può non citare l’Ottagono Centrale.
Si tratta dello spazio che collega piazza Duomo a piazza della Scala ed è lungo 196,6 metri. La sua forma deriva dal taglio dei quattro angoli all’incrocio delle gallerie con in cima alle pareti le quattro lunette che raffigurano i quattro continenti ovvero Europa, America, Asia e Africa. L’ottagono è caratterizzato anche dalla Cupola centrale, alta 47 metri e realizzata grazie a 353 tonnellate di ferro e più 7 milioni e 850 mila metri quadrati di lastre di vetro rigato.
Pavimentazione a Mosaico e “tradizioni”
A realizzare la pavimentazione della Galleria fu una ditta leccese denominata “Fratelli Peluso”. Proprio loro inventarono una tecnica innovativa che decisero di applicare in quest’opera, ovvero quella di una pavimentazione a Mosaico duratura nel tempo. Le decorazioni, belle e raffinate, vennero prima esposte nelle vetrine di Piazza S. Oronzo a Lecce, poi installate nella galleria; tra queste lo stemma di Casa Savoia ma anche quello della città di Torino. Da qui nacque una tradizione che ancora oggi si ripete nel tempo: ruotare per tre volte sui testicoli del toro portafortuna (o almeno così si dice). Nel 1967, in occasione del centenario, tutta la pavimentazione venne rifatta anche per sistemare i danni provocati dalla guerra di qualche decennio prima. L’idea fu anche quella di ridisegnare un toro senza testicoli per ovviare alla tradizione che portava, inevitabilmente, anche ad un consumo del pavimento, ma non bastò perché i turisti non hanno cessato nel rito e ancora oggi proseguono nelle loro “piroette”.
Oro e nero, colori “nobili”
Vi siete mai chiesti come mai tutte le insegne dei vari negozi vengano presentate su sfondo nero e di color oro? Risposta: si tratta di un’ordinanza comunale nata nel dopoguerra e tenuta ancora oggi in vita. L’esigenza è quella di far sì che la Galleria mantenga la sua eleganza, la sua nobiltà anche nel corso del tempo. A questo regola dovette sottostare anche McDonald’s che suscitò numerose critiche quando venne inserito nel contesto tempo addietro.
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