Monumenti milanesi: fontana Giuseppe Grandi, sotto la struttura c’è un rifugio antiaereo
La fontana monumento a Giuseppe Grandi è situata a Milano nella omonima piazza, lungo Corso XXII Marzo. Dedicata allo scultore Giuseppe Grandi, fu realizzata da Werther Sever e Emil Noel Winderling nel 1936, e nasconde uno dei primi rifugi antiaerei di Milano
Monumenti milanesi: fontana Giuseppe Grandi, sotto la struttura c’è un rifugio antiaereo.
La fontana monumento a Giuseppe Grandi è situata a Milano nella omonima piazza, lungo Corso XXII Marzo. Dedicata allo scultore Giuseppe Grandi, fu realizzata da Werther Sever e Emil Noel Winderling nel 1936, e nasconde uno dei primi rifugi antiaerei di Milano.
Il rifugio antiaereo che sembra una fontana fu costruito nel 1936. Si trova nel corso XXII Marzo. Sotto un colosso in bronzo di un giovane nudo si nasconde un vero rifugio antiaereo. Fu costruito in mezzo alla piazza dedicata a Giuseppe Grandi, scultore famoso per avere realizzato il monumento dedicato alle Cinque Giornate.
Il bunker doveva essere segreto e la fontana aveva anche la funzione di “mascherarlo”. Non venne mai ultimato nei dettagli, rimanendo privo dei portelloni metallici e dell’impianto di ventilazione, filtrazione e rigenerazione dell’aria.
La fontana è un’opera di Werther Sever, allievo di Adolfo Wildt, in collaborazione con Emilio Noel Winderling, che vinsero il concorso indetto dal Comune di Milano). Sulla spalletta del bacino si trova la dedica: ” A Giuseppe Grandi”. Venne inaugurata il 30 novembre 1936.
La fontana è composta da una vasca rettangolare in pietra chiara, in un angolo sovrastata da una torre anch’essa in pietra dalla cui sommità sgorga a cascata l’acqua. Nel corso dei decenni si è formata una pronunciata concrezione calcarea, ricoperta da muschio verdissimo, che si è deciso di mantenere in quanto rafforza il significato stesso della natura rigogliosa e prorompente. L’angolo opposto è occupato da una statua in bronzo, l’uomo proteso verso lo specchio che simboleggia lo stupore innanzi alla bellezza della natura che dona il prezioso liquido.
Fu uno dei primi bunker a essere costruito, proprio sotto la monumentale fontana di piazza Grandi, tutto in cemento armato. Poteva ospitare fino a 450 persone e aveva 25 stanzette con un andamento quasi labirintico. La struttura venne concepita così perché, se il rifugio fosse stato colpito da una bomba, gli effetti della deflagrazione sarebbero stati contenuti e non avrebbero coinvolto l’intero spazio.
Quello di piazza Grandi è uno dei pochi visitabili e uno dei rifugi meglio conservati grazie al grande lavoro di recupero della fontana e del suo impianto idraulico.
Il rifugio è tuttora visitabile grazie all’associazione Neiade. Si possono ancora vedere le 25 camere, ripercorrere il dolore e la paura attraverso le numerose scritte presenti sulle pareti – vera testimonianza storica arrivata ad oggi conservata e inalterata dal tempo – valorizzate dal nuovo sistema di illuminazione. Il percorso nella memoria passa anche attraverso gli attacchi appena restaurati presenti all’interno del ricovero dove un tempo erano agganciati i secchi dell’acqua potabile per le persone nascoste. Sui muri, invece, erano elencate le regole di comportamento da avere all’interno dei rifugi. Per esempio non fumare, non introdurre cani. La vita nel rifugio sotterraneo si svolgeva in modo surreale e quasi sospeso, ricalcando preoccupazioni e abitudini del mondo “di sopra”: le famiglie e i vicini cercavano sostegno e consolazione reciproca, temevano per i propri cari che non erano presenti, i bambini cercavano di ingannare l’attesa con qualche gioco.
Con l’inizio della guerra è destinato a rifugio pubblico e identificato con il N. 56. Ha la pianta rettangolare di 23 x 17 metri; l’interno è diviso in 23 “celle” di cui le sole sei centrali adibite a rifugio vero e proprio, per una capienza complessiva di 450 persone. In una scheda compilata dal Comune di Milano in tempo di guerra si legge che aveva una capacità inferiore, ovvero di 430 persone, ed era considerato «Ambiente popolare».
Curiosamente, pur rimanendo sotto una fontana, non era dotato di acqua potabile corrente. Eppure visitandolo si potrà vedere che in ben quattro punti le scritte d’epoca indicano: «acqua potabile» in prossimità di ganci metallici infissi nelle pareti. Grazie anche alle testimonianze di chi lo utilizzò, sappiamo che ai ganci erano appesi secchi metallici pieni d’acqua e accanto erano assicurate con un cordino le tazze di metallo smaltato con cui attingere e bere.
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