Firenze, la storia della “Fontana del porcellino”, portatrice di Fortuna
Esiste un'altra curiosità legata alla statua: lo scrittore per bambini Hans Christian Andersen, dopo un viaggio a Firenze, dedicò al Porcellino una delle sue fiabe
La statua bronzea popolarmente conosciuta come il “Porcellino” è in realtà una rappresentazione di un cinghiale ferito durante la caccia, originariamente un marmo romano copia di un’opera ellenistica donata a Cosimo I da papa Pio IV nel 1560. Nel 1612, Cosimo II commissionò a Pietro Tacca una copia in bronzo situata a Palazzo Pitti, completata nel 1633. Nonostante fosse una copia, il dettaglio naturalistico, come il pelo dell’animale, evidenzia l’abilità di Tacca come bronzista, allievo di Giambologna.
Successivamente, Ferdinando II de’ Medici trasformò l’opera in una fontana sotto la loggia del Mercato Nuovo nel 1640, con un basamento ottagonale e una vasca bronzea decorata con piante e insetti. La fontana serviva sia a scopo pratico che decorativo, fornendo acqua ai mercanti della loggia. Nel corso del tempo, l’usura dell’acqua portò a danni alla statua, causando interventi come l’installazione di una ringhiera protettiva nel 1854 e la sostituzione della base nel 1856.
Nel 1928, la fontana fu spostata nella sua posizione attuale a causa del traffico lungo via Por Santa Maria. Nel 1998, a causa dell’usura causata dallo sfregamento del muso per la fortuna, l’intera fontana fu sostituita da una copia fedele realizzata nel 1988. L’originale è attualmente esposto al Museo Bardini dal 2004, vicino ai basamenti originali e restaurati.
La tradizione popolare vuole che toccare il naso del Porcellino porti fortuna, che infatti risplende per la continua lucidatura quotidiana di centinaia di mani. La procedura consisterebbe nel mettere una monetina in bocca al Porcellino dopo averne strofinato il naso: se la monetina cadendo oltrepassa la grata dove cade l’acqua porterà fortuna, altrimenti no.
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