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Le balene di San Michele: i cetacei cagliaritani nuotavano nella pianura del Campidano 7-10 milioni di anni fa

«Attorno a 10 milioni di anni fa buona parte dell’area oggi occupata dalla pianura del Campidano era occupata da un mare poco profondo ricchissimo di vita. Questa è testimoniata dai numerosi fossili di animali marini che oggi possiamo ritrovare nelle rocce sedimentarie risalenti all’epoca miocenica.»

Il dottor Daniel Zoboli, paleontologo dell’Università di Cagliari, ci apre un nuovo varco verso milioni di anni fa, quando la nostra Isola era molto diversa da quella che conosciamo oggi.

«Tra i fossili più comuni vi sono quelli di ricci di mare e molluschi ma talvolta si possono ritrovare denti di pesci e ossa di rettili e mammiferi marini. Tra questi ultimi vi sono anche quelli appartenenti a due piccoli cetacei ritrovati presso il colle di San Michele a Cagliari.»

Figura 1. A) Colle San Michele, B) Domenico Lovisato, scopritore dei fossili delle balene, C) Giovanni Capellini, paleontologo che studiò i fossili.

«È infatti nell’aprile del 1886 che il paleontologo istriano Domenico Lovisato ritrovò alcuni frammenti di ossa fossili di una piccola balena nei calcari marnosi miocenici affioranti presso il colle cagliaritano» prosegue Zoboli. «Appena due mesi dopo lo stesso Lovisato ritrovò i resti fossili di un’altra balena che giacevano ad appena 150 metri a sud del precedente ritrovamento.»

Figura 2. I resti di una delle due balene del colle San Michele, da una tavola di Capellini del 1899.

 

«Nel 1890 questi preziosi fossili sardi furono inviati a Bologna dove furono ripuliti dalla roccia incassante e successivamente studiati dal paleontologo Giovanni Capellini il quale, nel 1899, li attribuì a due nuove specie che chiamò rispettivamente “Aulocetus calaritanus” e “Aulocetus lovisati” in riferimento al luogo di ritrovamento e allo scopritore dei fossili. I fossili dei due cetacei cagliaritani sono attualmente conservati nel Museo “G. Capellini” di Bologna.»

Figura 3. Il cranio di “Aulocetus lovisati” conservato nel Museo “G. Capellini” di Bologna (da wikipedia).

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