“Bentu”, l’ultimo film di Salvatore Mereu, è tra i candidati al David di Donatello, nella categoria miglior sceneggiatura non originale. Per il regista di Dorgali si tratta della quarta nomination al premio del cinema italiano: nel 2003 aveva vinto come miglior regista esordiente con “Ballo a tre passi”. Le altre due candidature erano arrivate con “Sonetaula” nel 2008 e con “Assandira” nel 2021.

Nato nell’ambito di una collaborazione del regista con il corso di laurea magistrale in Produzione multimediale dell’Università di Cagliari coordinato da Antioco Floris – che ha visto la partecipazione anche di studentesse dell’Oristanese – il film è stato prodotto dalla società Viacolvento, con il supporto della Sardegna Film Commission. “Bentu” ha partecipato alla 79ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, nella rassegna Giornate degli Autori, come unica proposta italiana nella competizione internazionale. Poi la distribuzione in sala e un tour nelle università americane.

Il film trae ispirazione da un racconto dello scrittore di Santu Lussurgiu Antonio Cossu, pubblicato nella raccolta “Il vento e altri racconti”. Girato nelle campagne del Trexenta e interamente in sardo, “Bentu” esplora il rapporto tra le generazioni e la natura, con un anziano agricoltore che prepara la propria terra per l’arrivo del vento, che permette di liberare il grano dalla paglia, in un mondo fatto di attesa.

Tra i protagonisti, oltre a Peppeddu Cuccu – l’attore orgolese che aveva esordito da piccolo, nel 1960, con il film “Banditi a Orgosolo” di Vittorio De Seta – c’è anche Giovanni Porcu, giovanissimo ed esordiente attore di Ollastra. La cerimonia di premiazione del 68° David di Donatello avverrà il 10 maggio e sarà trasmessa in tv su Rai 1.

Secondo la tradizione sarda ( ma non solo) il pane messo al contrario sul tavolo da imbandire è portatore di disgrazia e comunica mancanza di rispetto nei confronti degli altri commensali. Sicuramente i vostri nonni, almeno una volta, vi avranno sgridati nel vedervelo fare, ma forse non vi hanno mai spiegato il perchè tenevano al fatto che il pane venisse messo in tavola nel verso giusto.

Le spiegazioni sono varie e affondano le radici nell’antichità.

La prima, quella che tutti probabilmente conoscono, è legata alla religione. Il pane da sempre simboleggia il corpo di Cristo e chiaramente non è cosa bella e gradita che lo si presenti capovolto.

Ma esiste un’altra spiegazione, storica, che affonda le radici nel Medio Evo e che dalla Francia, di bocca in bocca, potrebbe essere arrivata in Italia e poi in Sardegna.  Nel Quattrocento, infatti, quando purtroppo era molto in voga la pena di morte, i fornai del regno avevano una sorta di “codice” tra loro.

Il pane è sempre stato visto, come dicevamo, alla stregua di un alimento sacro e quando i fornai erano costretti a venderlo ai boia che tanto disprezzavano, lo facevano preparandolo di bassissima qualità e porgendolo capovolto agli aguzzini. Si dice che fu per questo che il monarca Carlo VII escogitò la soluzione di far lavorare i boia incappucciati, così da non essere riconosciuti.