Ingannano l’attesa giocando a carte. Di tempo, ne hanno davvero tanto. In attesa del grande concerto Capodanno di questa notte di San Silvestro.

Tutti per Blanco. Già dalle prime luci dell’alba, i fan dell’artista bresciano hanno iniziato a prendere posto nel Largo Carlo Felice, durante i preparativi del concertone di stanotte. “Ancora non ci fanno andare avanti, ma più tardi, nel pomeriggio, potremo avanzare”.

Teenager, studenti e studentesse. In maggioranza vengono dal Cagliaritano, ma c’è chi addirittura da Sassari. “Abbiamo il numero timbrato sul dorso della mano, così nessuno ci può superare. Ma comunque stiamo attente. Vogliamo metterci sotto il palco, questa notte”.

Tappeto per terra, carte, e ovviamente panini e bibite. I bagni, quelli chimici o del bar. Nello zaino c’è tutto l’equipaggiamento per trascorrere le innumerevoli ore, in attesa, almeno delle 21, quando inizierà il Dj set.

Poi, alle 23, circa, sul palco il tanto atteso Blanco. I brani preferiti? “Tutti”.

«Marrano a farlo», «marrano a dirlo». Da sempre i bambini sardi non possono sottrarsi a un invito di questo tipo. Se non lo fai, sei un vile insomma, un “marrano”. Non importa quanto sia difficile la prova di coraggio alla quale si è chiamati, l’importante è non essere un marrano. Chi di voi non ha rischiato di affrontare i rimproveri degli adulti pur di non essere definito così? L’espressione è entrata nel lessico sardo-cagliaritano da tempo, ma chi era veramente il “marrano”?

Chiariamo innanzitutto una cosa: non si tratta di un termine sardo, ma di un’offesa che affonda le sue radici nel Medio Evo. Questa ingiuria veniva utilizzata già nella Spagna del XIV secolo, dove venivano apostrofati con il termine marranos gli ebrei convertiti forzatamente al cristianesimo, ma che continuavano a professare, di nascosto, riti e funzioni del giudaismo. Nato con un’accezione antisemita dunque, il vocabolo che oggi utilizziamo correntemente per accusare di vigliaccheria chi non accetta la sfida lanciatagli significa letteralmente “giovane porco”, “suino”, “maiale”,e probabilmente nasce dall’ispanizzazione del termine arabo mahram (cosa proibita).

All’epoca della dominazione spagnola in Sardegna, l’Isola ospitava una nutrita presenza di ebrei sefarditi, di cui a Cagliari rimane traccia al ghetto degli Ebrei in Castello. L’uso del termine dispregiativo “marrano”, il cui uso era proibito già dal 1380 da un decreto del Re di Catalogna, si diffuse comunque durante le persecuzioni contro gli ebrei nella Spagna di fine ‘400. Con gli anni, la parola “marrano” ha perso  la sua connotazione antisemita, abbandonando pian piano l’utilizzo di indicare gli ebrei sefarditi che di nascosto (secondo i canoni dell’epoca, con viltà) professavano la propria fede, per abbracciare, soprattutto in Sardegna, il significato di sfida che oggi conosciamo.