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Lo sapevate? Da dove deriva il detto “Ancu ti currat su Buginu”?

Lo sapevate? Da dove deriva il detto “Ancu ti currat su Buginu”?

Un insulto (ma anche un’imprecazione) e quindi un malaugurio: per i sardi il detto Ancu ti currat su Buginu è un vero e proprio modo di dire, legato a retaggi piemontesi. Scopriamo insieme chi era questo nemmeno tanto fantomatico Buginu dall’aura vagamente demoniaca..Questo detto nonostante siano passati circa 250 anni viene ancora utilizzato in Sardegna

Ancu ti curra su Buginu (che ti perseguiti Bogino) è un detto tipico cagliaritano (e campidanese) riferito alla severità di Gian Battista Lorenzo Bogino, ministro e capo del governo in Sardegna nel periodo sabaudo. Questo ministro introdusse importanti riforme ma anche nuove tasse e inizialmente utilizzò anche misure repressive contro brigantaggio e usura e inoltre pare fosse oltre che severo, anche sadico.

Per questi motivi e anche per l’assonanza con “bucinum” (in latino la tromba che si utilizzava per accompagnare i condannati al patibolo) il termine boginu è sinonimo di boia o carnefice.

Il nome del Bogino come detto è popolarmente associato a diverse espressioni male auguranti in lingua sarda, quali «ancu ti cùrzat su Buzìnu» / «ancu ti cùrxat su Bugìnu» o «chi ti cùrrat su Bugìnu» («possa tu essere inseguito dal Bogino»). Si ricordi che il Bogino diventò noto in Sardegna per aver introdotto, in ogni villaggio sardo, il sistema delle forche mobili per le esecuzioni capitali. Nonostante il lemma affondi le proprie radici nel periodo iberico, fu in quello sabaudo che tale termine sarebbe quindi passato nella cultura popolare a indicare in genere la figura del boia, identificandolo con lo stesso ministro.

Giovanni Battista Lorenzo Bogino (Cravagliana, 5 febbraio 1701 – Chieri, 9 febbraio 1784) era originario di Cravagliana, un paese della Valsesia, e operò alla corte di Carlo Emanuele III, per il quale fu Ministro per gli affari di Sardegna dal 1759 al 1773.

Figlio di Giovanni Francesco, notaio collegiato e commissario alle ricognizioni, e Giulia Petronilla Cacciardi, dopo aver frequentato le scuole dei gesuiti, si laureò in giurisprudenza all’Università di Torino e divenne giurista. Bogino iniziò la sua carriera pubblica sotto Vittorio Amedeo II, che nel 1723 lo nominò sostituto procuratore generale, poi amministratore della casa del principe di Carignano fino al 1º dicembre 1730 e, successivamente, primo consigliere di Stato e referendario nel Consiglio dei memoriali con la facoltà di fare le veci del gran cancelliere.

Di carattere ruvido e inflessibile, primo ministro di fatto, Bogino fu autore di quelle riforme di stampo illuministico che in quel periodo caratterizzarono il regno di Carlo Emanuele III, sia in ambito amministrativo che economico: infatti riordinò le amministrazioni locali, con lo scopo di ridurre il potere delle oligarchie e mettere ordine nella ripartizione tributaria.

Particolari cure vennero date alla Sardegna, da sempre molto trascurata dal governo di Torino. Infatti Carlo Emanuele III, avendo presente la grave situazione di arretratezza dell’isola, nominò nel 1759 Bogino ministro per gli affari di Sardegna: durante il suo governo si prodigò in diversi settori dell’amministrazione, della società e dell’economia sarda. Cercò di amministrare al meglio la giustizia locale nominando luogotenenti-giudici in ogni villaggio per sbrigare i casi più urgenti e promulgando un editto che stabiliva il riassetto delle carceri regie imponendo inoltre ai baroni l’obbligo di curare il restauro delle proprie entro un anno. Incentivò la circolazione monetaria, l’erezione di torri costiere, i servizi postali e marittimi, regolò le acque torrentizie, incentivò la produzione di tabacco, gelso, indaco, polvere da sparo e delle saline, costruì una tipografia regia, fece eseguire scavi archeologici, attuò una politica di ripopolamento nelle isole dell’arcipelago della Maddalena, limitò i privilegi ecclesiastici e feudali, diffuse i monti granatici per liberare i contadini dalla piaga dell’usura e restaurò le Università di Cagliari, che dotò di una biblioteca pubblica, e Sassari (1767); la ricostituzione delle Università isolane, in decadenza nelle ultime fasi del periodo iberico, più che a innovare nella cultura tecnica isolana mirava a formare una classe dirigente indigena organica al Piemonte e allo stesso tempo italianizzare le classi elevate della Sardegna, allora filospagnole, determinando per l’insegnamento l’arrivo nell’isola di docenti continentali e italofoni. Tutti questi provvedimenti erano generalmente in linea con l’assolutismo illuminato del tempo che li considerava universalmente validi per qualsivoglia territorio, senza grande considerazione per le sue caratteristiche peculiari.

Inoltre, il ministro sabaudo rinnovò gli emblemi di milizie e città in modo da eliminare i simboli del precedente periodo iberico, sostituendo con la croce dei Savoia le barre d’Aragona dallo stemma di Alghero, Bosa, Cagliari, Oristano e Sassari. Sul fronte linguistico, sotto la sua gestione l’italiano fu introdotto in Sardegna come lingua ufficiale a scapito del sardo, catalano e spagnolo.
Quando nel 1773, alla morte di Carlo Emanuele III, salì sul trono del Regno di Sardegna il figlio Vittorio Amedeo III, la carriera di Bogino fu segnata: infatti il ministro, inviso al nuovo sovrano, venne licenziato e allontanato dagli affari di Stato, mentre il piano di riforme subì un periodo di stasi. Morì infine il 9 febbraio 1784, a 83 anni e fu sepolto nella cripta del Duomo di Chieri.