Site icon cagliari.vistanet.it

Lo sapevate? Al referendum istituzionale del 1946 in Sardegna prevalsero i voti per la monarchia

Lo sapevate? Al referendum istituzionale del 1946 in Sardegna prevalsero i voti per la monarchia.

Settantaquattro anni fa l’Italia diventava una repubblica parlamentare. Dopo il ventennio fascista, gli italiani poterono finalmente votare liberamente e, il 2 giugno 1946, si recarono in massa alle urne per lo storico referendum istituzionale per scegliere tra monarchia e repubblica.

Il risultato complessivo sancì la vittoria della repubblica con il 54,3% contro il 45,7% ottenuto dalla monarchia. Diverso, però, fu il caso regione per regione. La Sardegna, infatti, così come in molte altre regioni del Meridione d’Italia, scelse a larga maggioranza di confermare la monarchia (60,9%). Anche a Cagliari  la percentuale si attestò attorno a questa cifra, stessa cosa per Nuoro e provincia, mentre a Sassari si arrivò addirittura al 65% delle preferenze. In generale, man mano che si scendeva nel sud Italia e nelle Isole, la percentuale favorevole alla monarchia saliva sempre di più. Molti analisti dell’epoca spiegarono questo risultato con il presunto tasso di analfabetismo che regnava nel Meridione.

Era il primo voto politico dopo il buio del fascismo. Addirittura il primo voto alle donne.

 

In Sardegna si votò nelle circoscrizioni di Cagliari, Nuoro e Oristano: i voti per la monarchia furono 321.555, quelli per la repubblica 206.192.

Ma per quale motivo i i sardi votarono a favore dei Savoia nonostante due secoli di dominio di questi ultimi durante il regno di Sardegna? Gli storici asseriscono che la motivazione parrebbe la stessa di quella data per giustificare la vittoria della monarchia nel Sud Italia (analfabetismo) , ma anche il fatto che i sardi convissero con questa forma di governo praticamente da sempre, sin dai tempi della dominazione catalana. Insomma, in Sardegna la popolazione non fu pronta per la repubblica, era qualcosa di totalmente estraneo alla sua storia.

Un “marchio” sulla Sardegna che forse ha avuto anche effetti nella sua storia successiva.

Qualche curiosità su quel voto del 1946: ad esempio Napoli la di oggi, la Cagliari di oggi e anche gran parte della Sardegna di oggi appaiono così anti-sabaude da rendere sempre più misterioso il voto in massa che assicurò alla monarchia insieme a tutto il Sud, mentre Torino sabauda (ad esempio) e il Nord scelsero in maggioranza la Repubblica. perché accadde tutto ciò?
Primo motivo: il retaggio storico del Sud, storicamente legato alla forma monarchica.
Nella povertà acuita dalla precoce liberazione del Sud e nella totale incertezza sulle sorti del Paese, la continuità dell’istituzione monarchica sembrò per tantissimi una soluzione più opportuna e rassicurante, anche perché il Meridione era rimasto fuori dalla guerra di liberazione combattuta nelle regioni del Centro-Nord.

Del resto, a pochi interessava la storia del Regno d’Italia per niente scintillante in un momento di grandi stenti in cui non esistevano storiografia e pubblicistica diverse da quelle “ufficiali” che raccontavano i buoni Savoia (e i cattivi Borbone).

Secondo motivo: le manipolazioni politiche del ministro dell’Interno, il repubblicano piemontese Giuseppe Romita.
Finita la guerra, le prime urne alle quali furono chiamati gli italiani furono quelle per le elezioni amministrative, in un clima politico espresse dal socialista Pietro Nenni: «O la repubblica o il caos». Liberata l’Italia dal Nazifascismo e dalla furia distruttiva anglo-americana, bisognava liberarsi anche dei Savoia.

Inoltre il Mezzogiorno si disse monarchico, ma in realtà non tutti i votanti credevano veramente nel Re come rappresentante unitario della nazione. Per alcuni, più che di effettiva affezione ai Savoia, si trattò di dare uno schiaffo alla classe politica settentrionalista che marginalizzava il Sud da ormai ottant’anni e di un’espressione di protesta contro un Nord guidato da Milano che influenzava le scelte e decideva le sorti dell’Italia.

Altissime percentuali di voti per la monarchia si registrarono nelle circoscrizioni di Lecce, Brindisi e Taranto. Brindisi era stata la capitale del Regno del Sud e da lì Vittorio Emanuele III aveva cercato di ricomporre l’ormai sfaldato esercito italiano, partendo dalle divisioni militari dislocate a difesa delle basi navali nella provincia brindisina e in quella tarantina.

 


Altro exploit monarchico vi fu nella grande Napoli, peraltro la città natale di Vittorio Emanuele III e quella in cui, da principi ereditari, avevano vissuto per anni il Re Umberto II e la sua Maria José; città le cui drammatiche condizioni sociali, originate dalle distruzioni dei bombardamenti, e la lotta per la sopravvivenza del popolo, costretto a badare a se stesso dopo le “Quattro giornate” dell’autunno ’43, non metteva di certo i napoletani in condizione di interessarsi profondamente alla politica.

A risultati accertati, tra mille polemiche di brogli, il fronte monarchico di Napoli insorse in via Medina, dove si trovava la sede del Partito Comunista Italiano di Palmiro Togliatti. Sotto ordine giunto da Roma dallo stesso Romita, la polizia sparò ad altezza d’uomo. In nove persero la vita e undici tra i circa centocinquanta feriti morirono in agonia, senza processo e giustizia.

Exit mobile version