Passeggiando nei vicoli storici del quartiere Marina di Cagliari, soprattutto quando si avvicina l’ora di pranzo e di cena, si viene letteralmente “cullati” dai profumi dei cuochi ai fornelli. All’altezza di via Sardegna questi seducenti richiami olfattivi conducono a una delle attività storiche di questo rione, la Trattoria Gennargentu, un ristorante tradizionale con 90 anni di storia alle spalle.
Varcando la soglia si viene catapultati in un’atmosfera calda e familiare. Le pareti in legno perlinato ci ricordano come erano le trattorie cagliaritane negli anni ‘70. Sono state conservate e accompagnate da un recente rinnovamento che ha introdotto elementi con colori caldi e vivaci. I tavoli, apparecchiati in modo semplice, sono pronti ad accogliere gli avventori locali e i turisti con lo stesso calore con cui venivano accolte le persone che quasi 50 anni fa si servivano di questo locale come luogo di posta e di scambio tra un viaggio Cagliari-Ogliastra e l’altro. Una volta seduti inizia la festa: ci si mette nelle mani degli eredi di Giovanni Caredda e Silvana Cannas, “decani” e precursori della Marina (la famiglia è attiva nel settore dal secondo dopoguerra), e si viene trasportati alla scoperta (e riscoperta) dei sapori di una volta.
Si inizia con un antipasto misto a base di “pisci a scabecciu” “burrida”, bocconi e zuppetta di cozze.
Oppure ci si siede pazientemente per gustare un piatto unico, una zuppa ai frutti di mare con granchi, bocconi, arselle, fasolari, gamberi, cozze e “quello che c’è”. Perché il pesce del giorno alla Trattoria Gennargentu non lo decidono le mode, ma i pescatori locali.
Nel mezzo è bello farsi sorprendere con un vassoio di “civargeddus prenus”, le torte salate tipiche ogliastrine con patate, menta, pecorino e casu ‘e fitta, un ripieno simile a quello dei culurgionis.
E in questo percorso gastronomico sardo, tra mare e montagna, proseguiamo proprio con un bel piatto di culurgionis fatti a mano in quel di Seui e conditi con poco sugo di pomodoro liscio e pecorino.
Poi ordiniamo un primo della cucina cagliaritana. In tanti vengono in questa trattoria per gustare un piatto tradizionale ormai difficile da trovare nei ristoranti cittadini: “sa minestra de cocciulas”, la fregola in brodo con le arselle rigate della laguna di Santa Gilla un tempo cucinata sapientemente dalle mogli dei pescatori locali.
“Piatti da intenditori – spiegano i figli di Giovanni Caredda e Silvana Cannas – che vengono apprezzati soprattutto da chi ha la curiosità e la voglia di affidarsi ai loro consigli”. “Ti preparo un fritto misto con quello che c’è sul banco del pesce” – ci dice uno di loro. Accanto ai calamari e ai gamberi troviamo così sparlotte, mormorette, ghiozzi neri e trigliette. Insomma, non è il “solito fritto misto”.
Il maialetto? “Lo facciamo, ma solo su prenotazione – ci spiegano -. Ci chiamate, lo portiamo dall’Ogliastra e lo cuciniamo come vuole la tradizione”. Poi si fa un accogliente letto di mirto e il tagliere arriva caldo in tavola.
Finisce la cena e sorseggiando un bicchierino di mirto ci tratteniamo con due degli eredi oggi alla guida della Trattoria, per farci raccontare la storia di duro lavoro e amore per la ristorazione dei loro genitori. “Nostro papà ha iniziato con i lavori più umili fino a diventare un precursore della ristorazione alla Marina, prima nel dopoguerra nell’ex Trattoria Congera e poi, dal 1978, qui in via Sardegna con l’acquisto del ristorante attivo dal 1932. Accoglievamo sia gli ogliastrini che venivano a rifornirsi prima di ripartire verso casa, sia i cagliaritani. C’erano poi i primi turisti e diversi artisti, che nostro papà adorava. La galleria di quadri che ancora oggi c’è sulle nostre pareti è frutto di quegli incontri”.
Oggi un grande obiettivo: custodire la tradizione e raccontarla e tramandarla a tutti, soprattutto ai più giovani. A una condizione, però: “Non chiedeteci le classiche orate o spigole di allevamento. Qui non le troverete”.