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Prima foto di campi magnetici al confine con un buco nero: nel team anche il sardo Ciriaco Goddi

Foto di repertorio

Poco meno di due anni fa la prima foto di un buco nero nella storia dell’uomo, oggi un nuovo primato: la prima immagine dei campi magnetici al confine con lo stesso buco nero, quello al centro della galassia M87, distante 55 milioni di anni luce dalla Terra.

Lo scienziato sardo Ciriaco Goddi scrive ancora una volta il suo nome nella storia dell’Astronomia insieme al team nato dalla collaborazione dell’Event Horizon Telescope.

The Event Horizon Telescope (EHT) collaboration, who produced the first ever image of a black hole released in 2019, has today a new view of the massive object at the centre of the Messier 87 (M87) galaxy: how it looks in polarised light. This is the first time astronomers have been able to measure polarisation, a signature of magnetic fields, this close to the edge of a black hole.  This image shows the polarised view of the black hole in M87. The lines mark the orientation of polarisation, which is related to the magnetic field around the shadow of the black hole.

A dare la notizia è il sito dell’European Southern Observatory.

Ecco il comunicato:

La collaborazione dell’Event Horizon Telescope (EHT), che ha prodotto la prima immagine in assoluto di un buco nero, ha rivelato oggi una nuova veduta dell’oggetto massiccio al centro della galassia Messier 87 (M87): il suo aspetto in luce polarizzata. Questa è la prima volta in cui gli astronomi sono stati in grado di misurare la polarizzazione, un segnale della presenza dei campi magnetici, così vicino al confine di un buco nero. Le osservazioni sono fondamentali per spiegare come la galassia M87, a 55 milioni di anni luce di distanza da noi, sia in grado di lanciare dal nucleo getti energetici.

“Stiamo ora vedendo la prossima prova cruciale per capire come si comportano i campi magnetici intorno ai buchi neri e come l’attività in questa regione molto compatta dello spazio possa lanciare potenti getti che si estendono ben oltre la galassia”, afferma Monika Mościbrodzka, coordinatrice del gruppo di lavoro sulla polarimetria di EHT e assistente professore presso l’Università Radboud University nei Paesi Bassi.

Il 10 aprile 2019 è stata pubblicata la prima immagine di un buco nero che mostrava una struttura luminosa ad anello e una regione centrale scura: l’ombra del buco nero. Da allora, la collaborazione EHT ha approfondito lo studio dei dati dell’oggetto supermassiccio nel cuore della galassia M87 raccolti nel 2017. Hanno scoperto che una frazione significativa della luce intorno al buco nero di M87 è polarizzata.

“Questo lavoro è una pietra miliare importante: la polarizzazione della luce trasporta informazioni che ci consentono di comprendere meglio la fisica che porta all’immagine che abbiamo visto nell’aprile 2019, cosa che prima non era possibile”, spiega Iván Martí-Vidal, uno dei Coordinatori del gruppo di lavoro sulla polarimetria di EHT e ricercatore eminente del piano GenT presso l’Università di Valencia, in Spagna, e aggiunge che “svelare questa nuova immagine a luce polarizzata ha richiesto anni di lavoro a causa delle complesse tecniche necessarie per ottenere e analizzare i dati”.

La luce diventa polarizzata quando passa attraverso determinati filtri, come le lenti degli occhiali da sole polarizzati, o quando viene emessa in regioni calde dello spazio in cui sono presenti campi magnetici. Nello stesso modo in cui gli occhiali da sole polarizzati ci aiutano a vedere meglio riducendo i riflessi e l’abbagliamento dovuto alle superfici brillanti, gli astronomi possono rendere più nitida la loro visione della regione intorno al buco nero osservando come sia polarizzata la luce che ne esce. In particolare, la polarizzazione consente agli astronomi di mappare le linee del campo magnetico presenti al bordo interno del buco nero.

“Le immagini polarizzate recentemente pubblicate sono fondamentali per capire come il campo magnetico consente al buco nero di ‘mangiare’ materia e lanciare potenti getti”, afferma Andrew Chael, membro della collaborazione EHT, Hubble Fellow della NASA presso il Princeton Center for Theoretical Science e la Princeton Gravity Initiative negli Stati Uniti.

I getti luminosi di energia e materia che emergono dal nucleo di M87 e si estendono per almeno 5000 anni luce dal centro sono una delle caratteristiche più misteriose ed energetiche della galassia. La maggior parte della materia che si trova vicino al confine di un buco nero ci cade dentro. Tuttavia, alcune delle particelle sfuggono dai dintorni pochi istanti prima della cattura e vengono lanciate nello spazio sotto forma di getti.

Gli astronomi hanno sviluppato diversi modelli di come si comporta la materia vicino al buco nero per comprendere meglio questo processo. Ma ancora non sanno esattamente come vengono lanciati dei getti più grandi della galassia dalla regione centrale, che è di dimensioni paragonabili al Sistema Solare, né come esattamente la materia cada nel buco nero. Con la nuova immagine EHT del buco nero e della sua ombra in luce polarizzata, gli astronomi sono riusciti per la prima volta a guardare nella regione appena fuori dal buco nero dove avviene l’interazione tra la materia che fluisce verso l’interno e quella che viene espulsa.

Le osservazioni forniscono nuove informazioni sulla struttura dei campi magnetici appena fuori dal buco nero. L’equipe ha scoperto che solo i modelli teorici con gas fortemente magnetizzati possono spiegare ciò che si vede all’orizzonte degli eventi.

“Le osservazioni suggeriscono che i campi magnetici al bordo del buco nero sono abbastanza forti da respingere il gas caldo e aiutarlo a resistere alla forza di gravità. Solo il gas che scivola attraverso il campo può spiraleggiare verso l’interno fino all’orizzonte degli eventi”, spiega Jason Dexter, assistente professore presso l’Università del Colorado a Boulder, negli Stati Uniti, e coordinatore del gruppo di lavoro teorico dell’EHT.

Per osservare il cuore della galassia M87, la collaborazione ha collegato otto telescopi in tutto il mondo, tra cui ALMA (l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) nel Cile settentrionale e l’Atacama Pathfinder EXperiment (APEX), di cui l’ESO (European Southern Observatory) è partner, per creare un telescopio virtuale delle dimensioni della Terra, l’EHT. L’impressionante risoluzione ottenuta con l’EHT è equivalente a quella necessaria per misurare la lunghezza di una carta di credito sulla superficie della Luna.

“Con ALMA e APEX, che grazie alla loro posizione meridionale migliorano la qualità dell’immagine aggiungendo un’estensione geografica alla rete EHT, gli scienziati europei sono stati in grado di svolgere un ruolo centrale nella ricerca”, afferma Ciska Kemper, responsabile scientifica per la parte europea del programma ALMA gestito dall’ESO. “Con le sue 66 antenne, ALMA domina la raccolta complessiva del segnale in luce polarizzata, mentre APEX è stato essenziale per la calibrazione dell’immagine.”

“I dati di ALMA sono stati cruciali anche per calibrare, visualizzare e interpretare le osservazioni di EHT, imponendo stretti vincoli sui modelli teorici che spiegano come si comporta la materia vicino all’orizzonte degli eventi del buco nero”, aggiunge Ciriaco Goddi, scienziato della Radboud University e dell’Osservatorio di Leiden, nei Paesi Bassi, che ha condotto una ricerca di complemento basata solo sulle osservazioni di ALMA.

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