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Lo sapevate? A Cagliari vicino all’anfiteatro c’è un graffito: è l’ultimo messaggio di un martire cristiano prima di morire

Nel riquadro il graffito recante il messaggio del martire - Foto di M.Dadea

Nel riquadro il graffito recante il messaggio del martire - Foto di M.Dadea

La Cagliari sotterranea è ricca di storie. Grotte e cavità hanno conosciuto diversi utilizzi: serbatoi d’acqua, luoghi di culto, addirittura rifugi antiaerei. Una delle cisterne vicine all’anfiteatro, in quello che oggi è l’Orto dei Cappuccini, ci racconta però una storia davvero particolare. Secondo gli studiosi fu utilizzata come carcere per i condannati a morte che attendevano di essere giustiziati durante gli spettacoli dell’anfiteatro e al suo interno, incisi nelle pareti, sono custoditi degli antichi simboli cristiani. Quei segni, dunque, potrebbero rappresentare proprio l’ultima preghiera di un anonimo martire cristiano che stava per dire addio alla vita.

La cisterna che ospita il graffito fa parte del complesso sistema di approvvigionamento idrico dell’antica città di Cagliari e, con le sue dimensioni decisamente notevoli, poteva contenere fino a un milione di litri d’acqua. A un certo punto però, delle gravi fratture formatesi nelle pareti, la resero inutilizzabile come serbatoio idrico e causarono un mutamento di funzione: vista la sua vicinanza all’Anfiteatro, la cavità era il luogo ideale per ospitare i condannati a morte nei momenti che precedevano la loro esecuzione.

Anfiteatro romano di Cagliari

In vista della nuova funzione, nella roccia vennero scavati trenta grandi maniglioni, a cui dovevano essere fissate le catene che trattenevano i prigionieri. Proprio accanto a uno di questi medaglioni, l’archeologo Mauro Dadea, alla fine degli anni ’90, individuò i labili segni di un graffito. Incisa nella pietra, secondo lo studioso, ci sarebbe una nave con la vela spiegata, simbolo utilizzato dai primi cristiani per rappresentare la Chiesa.

Nell’albero maestro sarebbero tracciate le lettere X (“Chi” nell’alfabeto greco) e P (“Rho” in greco), che formano la “croce monogrammatica”, simbolo di Cristo. E poi ancora, a bordo nella nave farebbero capolino dodici barre verticali dalle quali si protende una rete: sarebbero i dodici apostoli impegnati nella missione di “pescatori di uomini” assegnata loro da Gesù. In prossimità della barca poi sarebbero incisi una croce, un pesce e un’ancora, in rimando alle tre Virtù teologali: Fede, Carità e Speranza.

Il graffito della cisterna dell’anfiteatro con il messaggio del martire – Foto di M.Dadea

Una simile rappresentazione non poteva essere stata realizzata da un condannato qualsiasi. Doveva trattarsi certamente di un cristiano e probabilmente di un personaggio colto, vista la profonda conoscenza dimostrata dei simboli e dei concetti della religione. L’ipotesi degli archeologi è che si tratti appunto di un martire sconosciuto, rimasto ucciso durante l’ultima e più ampia delle persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, iniziata nel 303 d. C.. Un uomo di cui probabilmente non conosceremo mai il nome, anche se almeno un frammento della sua storia resterà per sempre inciso nella pietra della Cagliari più nascosta.

 

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