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Lo sapevate? Nel ’93 i biologi volevano nascondere la comparsa dei fenicotteri a Molentargius

foto fi Franco Lecis

Nel ’93, l’ornitologo Helman Schenk, scoprì la presenza di fenicotteri, circa mille, che nidificavano a Molentargius. Si trattava di un fenomeno unico al mondo: un animale timidissimo e sensibilissimo all’inquinamento come il fenicottero aveva deciso, come scrisse allora Lello Caravano, il giornalista che ha seguito fin dall’inizio la storia de “Sa genti arrubia”, le gente rossa, di: “Mettere su casa a pochi metri da palazzi e nastri d’asfalto” nello stagno-fogna come allora veniva definito Molentargius che era parecchio diverso da come lo conosciamo oggi.

fenicotteri rosa (foto La Fenice)

I volontari dell’Associazione per il parco decisero di indire una conferenza stampa per annunciare l’incredibile miracolo ambientale appena scoperto. La notizia comparve sui giornali non solo locali, perché era davvero clamorosa e inevitabilmente attirò moltissimi curiosi che armati di telecamere a macchine fotografiche affollarono la zona. Questo scatenò l’ira del corpo docente del Dipartimento di Biologia animale e Ecologia dell’Università di Cagliari che scrissero una lettera aperta contro chi decise di divulgare la notizia. Ne nacque un’accesa polemica che durò qualche settimana e sorsero due fazioni.

Da una parte chi riteneva che si sarebbe dovuto tenere nascosto il fenomeno, almeno fino alla schiusa delle uova, perché si temeva che un gran numero di persone, anche male intenzionate avrebbero potuto avvicinarsi troppo e spaventare o addirittura danneggiare i nidi. Dall’altra invece, c’era ci sosteneva che informare e sensibilizzare le persone, non solo avrebbe contribuito a rispettare la tranquillità dei sinuosi uccelli, ma avrebbe spinto la stessa popolazione a vigilare sui malintenzionati.

Basta fare una passeggiata al Parco delle Saline per capire chi aveva ragione: oggi Molentargius ha numeri da record, persino il National Geographic ha dedicato un lungo servizio alla colonia di “Genti Arrubia”. Lello Caravano spiega la scelta fatta all’epoca: «Nascondere la notizia non sarebbe servito a tutelare i fenicotteri – ricorda il giornalista- perché comunque di lì a qualche giorno, piano piano la notizia si sarebbe comunque diffusa e i malintenzionati avrebbero potuto agire indisturbati. Nel dare la notizia fu spiegato anche quanto fosse delicato e a rischio quell’equilibrio, quanto fosse importante quell’evento che aveva del miracoloso e la gente capì».

Foto di Giampiero Melis

I cittadini dimostrarono che le paure un po’ “Accademiche” dei biologi erano infondate, il flusso di curiosi fu imponente, ma rispettoso delle regole imposte per la tutela degli animali. Vennero messi a disposizione cannocchiali che permettevano l’osservazione a debita distanza, e in tanti si offrirono volontari per alternarsi a guardia della zona. «C’è di più, il polverone – conclude Caravano- contribuì non poco a sollevare la questione “Parco”, ad attirare l’attenzione delle istituzioni su un’area dal grande potenziale che allora era parecchio trascurata, e comunque i cittadini hanno da subito attribuito un grande valore alla presenza dei fenicotteri, l’hanno sempre considerato una ricchezza da tutelare».

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