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Cagliari, in mostra i quadri del pittore non vedente Andrea Ferrero: “Immergere le mani nude nel colore è per me liberazione”

Il pittore cagliaritano Andrea Ferrero

Andrea Ferrero, 48 enne, cagliaritano doc, studia prima al liceo Pacinotti di Cagliari per poi laurearsi nel 1996 in economia e commercio nella stessa città. Dal 2004 lavora al Csr4 a Pula, dove dal 2016 si occupa di accessibilità museale.  A 27 anni la sua vita cambia totalmente: chi gli sta vicino si rende conto che Andrea ha difficoltà nel vedere bene soprattutto la notte e viene convinto, nonostante la sua testardaggine, a fare delle visite mediche specialistiche. La diagnosi è chiara e dura: retinite pigmentosa, una malattia progressiva degenerativa. Di lì a poco Andrea avrebbe perso totalmente la vista.

Carico di positività, forse vista la sua giovane età anche un po’ inconscio, non si è arreso ma, pur non avendo risposte certe dalla medicina, ha riposto tutte le sue speranze nella ricerca scientifica, togliendo fuori tutto l’ottimismo di un ragazzo di 27 anni.  Non si è chiuso a riccio, non si è fatto prendere dalla rabbia, ma ha riadattato la sua vita: sapeva che avrebbe dovuto vivere con questa coinquilina scomoda, ma questo non gli ha impedito di sposare la bellissima Anna, di uscire con gli amici, di lavorare, divertirsi e reinventarsi nel suo mondo solo in apparenza buio. È grazie a sua moglie Anna che si avvicina al mondo della pittura, che, nonostante lo scetticismo iniziale, diventa la sua principale valvola di svago.

Quando nasce la tua passione per l’arte?

Penso di essere sempre stata una persona molto creativa, ma preso da altre cose non le ho mai dato tanto peso o forse aspettavo il momento giusto per farla esplodere. La passione per la pittura è nata per caso, accompagnavo mia moglie a dipingere dal maestro Tonio Carta, dove ho conosciuto la pittrice Annalisa Carta che mi ha detto: “Perché non provi a dipingere?”, io le dissi: “Sono un non vedente, come faccio a dipingere?”. Lei insistette e io provai.  I colori hanno il carattere, hanno l’anima, puoi non vederli ma puoi sentirli, così Andrea si lancia in questa nuova avventura. Le prime volte utilizza i pennelli, ma si sente legato, vincolato ed un giorno decide di buttarli via e di utilizzare le mani.

Le tue sensazioni quando hai la tela davanti e le mani dentro il colore?

È una sensazione bellissima, una liberazione. Quando tocco il colore, la materia con le mani nude mi sento libero di dare vita alla mia immaginazione che condivido con chi poi vedrà la mia opera.

Che cosa vuoi esprimere con le tue opere?

Qualunque opera inizia sempre con l’immagine mentale. Nelle mie opere seguo sempre 3 filoni. Il sociale è un tema che mi sta sempre molto a cuore: tratto il tema dell’amore, che è universale indipendentemente da quello che abbiamo in mezzo alle gambe, tratto il tema dell’immigrazione e delle morti in mare davanti alle quali, da artista, non posso restare insensibile. Un altro filone è quello che riguarda la mia malattia e si chiama ipovisione: le opere vogliono rappresentare il modo in cui io vedo la realtà. Gli altri, invece, rappresentano il mare, le nature morte e li rappresento come io li vedo, li sento ed esprimo attraverso questi tutte le mie emozioni. Il quadro è come una pelle, da una parte ci siete voi che lo guardate e scaturiscono in voi delle emozioni e dall’altra parte ci sono le mie emozioni mentre lo realizzo. Mi piace poi ascoltare le impressioni e i feedback di ognuno e tutti diversi.

Sabato 14 settembre in via Garibaldi 74 verrà inaugurata la prima mostra personale di Andrea Ferrero, dal titolo “Sogno Ergo Sum”, curata dalla storica dell’arte Laura Lanzi. Paure ed emozioni?

Organizzare una mostra è sempre molto complicato, se non avessi incontrato Laura forse non lo avrei mai fatto. Il suo entusiasmo e la determinazione sono stati molto convincenti. È un passo importante e comunque da soddisfazione, avere uno spazio tutto per te è tanta roba! Per il momento però mi fermo qui, l’anno prossimo poi ne riparliamo.

Descriviti in tre aggettivi.

Creativo, sensibile e positivo.

La malattia non ti ha messo limiti, la frase “volere è potere” è tangibile nella tua vita. Qual è il tuo messaggio?

Io ad un certo punto della mia vita ho davvero toccato il fondo e da lì siamo risaliti. Oggi so di essere una persona fortunata, sono una persona che ha scelto di essere felice. Credo che i limiti che la vita vorrebbe porci non siano degli ostacoli invalicabili, ma siano fatti per essere spostati, scavalcati e perché no, ci si può anche giocare.  Oggi siamo stati educati a pensare che se non riusciamo a fare qualcosa abbiamo fallito e per questo siamo tristi, io invece credo che la parola d’ordine sia provare, uno ci prova, poi la differenza tra riuscire e non riuscire è davvero molto ristretta.

Francesca Melis Boi

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