Site icon cagliari.vistanet.it

Lo sapevate? Nel 1831 a Decimo solo i poveri potevano cogliere fichi d’india dalla strada

foto NOrah

Le siepi di fichi d’india facevano un tempo da recinzione ai terreni, segnando il confine tra la proprietà privata e la strada. Il lato della siepe che dava sulle pubbliche vie era considerato di tutti e quindi chiunque poteva raccoglierne i frutti. Due secoli fa, quando la maggior parte della popolazione versava in condizioni di forte povertà, per molte famiglie i fichi d’india rappresentavano spesso un’importante, gratuita, forma di sostentamento.

Per i pochi benestanti, proprietari terrieri, invece il fico d’india serviva a nutrire il bestiame, in particolare i maiali, senza spendere. Così ogni estate si scatenava una vera e propria guerra, perché gli allevatori pretendevano di prenderli tutti. Naturalmente si trattava di una lotta impari che tendeva a sottrarre il cibo alle persone in favore del bestiame, senza contare che i proprietari dei terreni avevano comunque a disposizione i frutti della parte di siepe che ricadeva dentro il loro terreno.

La tensione arrivò al punto da spingere il Sindaco Giuseppe Casula a emanare un ordinanza per regolare la raccolta dei fichi d’india a favore dei poveri. Il 13 agosto 1831, Casula scriveva: “Quelli che non hanno porco domestico possono cogliere i fichi d’india della parte esterna delle siepi con una cannocchia di sei palmi. Quelli che hanno porco non è stato lecito giamai tale privilegio. Questo costume è conosciuto dai tempi più antichi, sembra conforme all’equità. Con questo mezzo si fa lecito ai soli e veri poveri l’uso del fico d’india e si proibisce il medesimo a quelli che sotto manto di povertà si prevalgano di fichi altrui per ingrassare dei porci e farvi un coppioso negozio. Si rispetti il costume antico. Mezzo scudo di multa ai trasgressori”.

Exit mobile version