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L’Àligu, origini e storia del dolce pasquale a base di miele, mandorle, buccia d’arancia e pasta

Articolo di Gisella Dessì

L’11 e 12 maggio a Silanus si è tenuto l’atteso appuntamento con Primavera nel cuore della Sardegna, caratterizzato da una splendida cornice di colori, cultura e tradizioni.

Quale migliore occasione per parlare del particolare e caratteristico “Àligu” dolce pasquale a base di miele, mandorle, buccia di arancia e pasta.

Un dolce che solo da qualche settimana, ha ottenuto dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo il riconoscimento di eccellenza alimentare tipica della Sardegna.

Un attestato importante per il paese, per tutte le famiglie e per l’unica pasticceria che preparano questa delizia, ma anche per la Coop. “Old Sardigna” che ha completato la pratica per il riconoscimento, per la Dr.ssa Gigliola Congiu e Francesco Nieddu che hanno predisposto la documentazione e curato la ricerca storica sul dolce, partendo dall’iniziativa avviata nel 2010 dalla Pro Loco.

Nella ricerca sul dolce, da sempre preparato a Silanus, si sa che è molto antico, ma che la tradizione è affidata soprattutto alla narrazione orale di alcune donne centenarie che hanno ereditato l’arte dalle proprie nonne e madri. Un’ ipotesi sull’origine del dolce potrebbe essere ebraica, per via dell’utilizzo della pasta azzima, caratteristica comunque anche dell’età nuragica.

Secondo uno studio di Giovanni FancelloÀligu” in lingua sarda si trova, come sinonimo, anche di fresa de àligu, pizolu de s’àligu, niuleddi, niuledda, tziddinu, siddini.

Il nome sardo aligu deriva dal latino “alica” dal significato farina fine (vocabolario di Giovanni Spano) Ancora Catone il Censore ci descrive una ricetta di una sfoglia di pasta che chiama “alica”, una focaccia di forma piatta fatta con acqua e farina che potrebbe essere l’ ingrediente principale utilizzato per addensare, compattare e assegnare il nome al dolce.

Alica designa anche, in epoca romana, la farina estratta da un antico cereale, chiamato zea, ….. ma è anche la farinata che si ottiene con la pestatura nel mortaio dei chicchi di cereale……….) (Tratto da Durches)

S’Àligu è diventato introvabile in quasi tutti i centri della Sardegna, e oggi per prodotti similari viene segnalata la produzione, e solo per uso privato, a Tula (SS) , Scano Montiferro, Tresnuraghes, Sindia e Siniscola. Con la sapa (uva o fichidindia) a Dualchi, Noragugume e in alcuni paesi del Meilogu.

In Gallura viene preparato un dolce simile chiamato “Niuleddi” con un sistema di lavorazione similare ma con dosaggi e quantità di materie prime diverse e in occasione delle feste natalizie.

Le caratteristiche peculiari de s’ Àligu di Silanus sono il sapiente dosaggio delle materie prime unicamente reperite in loco che conferiscono al dolce un sapore e caratteristiche singolari e originali.

Non esiste storiografia scritta, ma poche narrazioni orali tramandate da secoli. La centenaria Tia Tonia Niola deceduta nel 2014 e intervistata nel 2010 disse testualmente sentivo parlare di questo dolce da mia nonna che, a sua volta, aveva imparato da sua madre e sua nonna……..”

Così come hanno confermato le signore Grazia Arca (1931) e Salvatorangela Mastinu (1934)

Il dolce veniva preparato in grandi quantità dai priori delle tre confraternite (del Rosario, di Santa Croce, e delle Anime) per donarlo alle famiglie povere del paese, alle massaie e ai confratelli.

Invece la Signora Oggianu Tonia (1938) è la testimone della nuova “giovinezza” de s’ Àligu rilanciato nel 1973 con la creazione, insieme al marito, della pasticceria FGM di Silanus, che viene prodotto e commercializzato tutt’oggi dai figli in occasione delle feste pasquali ma su richiesta anche per feste e cerimonie.

A Silanus si dice che un priorato senza s’ Àligu squalifica il priore e la confraternita di appartenenza.

Ospite della “Corte n.37” allestita per l’occasione da Maria e Valentina Mura figlie della Signora Tonia Oggianu ho potuto ascoltare il loro appassionato racconto e ammirare la preparazione de S’ Àligu di Silanus. Impossibile descrivere la maestrìa e la bontà di questo dolce che speriamo resista e venga tramandato alle generazioni future.

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