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La lettera: “Ho dovuto rinunciare alla visita medica a causa delle barriere architettoniche”

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Le barriere architettoniche presenti nella struttura medica convenzionata dove la lettrice ha prenotato la sua visita le hanno impedito che venisse svolta: ecco la sua lettera.

«Cagliari, dicembre 2018. Telefono al CUP con richiesta di una visita urgente. Mi trovano un posto. Non conosco la struttura, ma è il primo appuntamento disponibile ed è vicino casa. Quindi va bene. Chiuso il telefono mi sorge un dubbio: non ho chiesto se ci sono gradini. Ma subito, ingenua, mi tranquillizzo e dico a me stessa: quando mai ci saranno barriere architettoniche in una struttura medica convenzionata!

Poi arrivo lì e me li vedo davanti. Dieci gradini stretti e lisci, bagnati dalla pioggia quindi scivolosissimi e un corrimano tubolare in metallo, anch’esso bagnato e pure ghiacciato. Citofono allo studio medico per chiedere se magari dal garage ci fossero percorsi alternativi con ascensore. Niente. Quei gradini bagnati sono l’unico modo per accedere al palazzo. La segretaria scende e ha il coraggio di dirmi: “Hai le stampelle, aiutati con quelle. Oppure porto una sedia e ti do una mano io”. Così se scivola anche lei o la sedia, oltre la caviglia mi rompo pure l’osso del collo. Decido di non affidarmi a tentativi pasticcioni e rischiosi, e perdo così la mia visita urgente.

Richiamo subito il CUP per riprenotarmi, questa volta chiedendo ambulatori senza barriere architettoniche e segnalando il disagio che ho dovuto subire per via della loro presenza nella precedente struttura. L’operatore mi risponde che loro non sono tenuti ad essere a conoscenza della presenza o meno di gradini nelle strutture mediche convenzionate, quindi non possono segnalarlo al paziente. Ecco, la mia era una disabilità temporanea ma mi chiedo come possa essere possibile che, chi deve convivere con un problema motorio debba essere mortificato in questo modo, perdendo anche molto tempo. La situazione delle barriere architettoniche è gravissima. E non ce ne rendiamo conto solo finché non proviamo la disabilità sulla nostra pelle. Come se non bastasse la stessa cosa l’ho sperimentata al museo archeologico di Cagliari. Museo delle cere al primo piano senza ascensore: ma non era guasto. Semplicemente non c’era».

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