Site icon cagliari.vistanet.it

Dopo 17 anni in stato vegetativo, 10 anni fa moriva Eluana Englaro aprendo la strada alla legge sul fine vita

Eluana Englaro ha 22 anni quando nel 1992 viene coinvolta in un incedente d’auto che, dopo un periodo di coma la lascerà in stato vegetativo. La ragazza respira autonomamente, ma non reagisce a nessuno stimolo e viene nutrita artificialmente. Dopo qualche anno i medici la dichiarano in “stato vegetativo permanente”, la ragazza viene trasferita in una casa di cura di Lecco, ma non ha nessuna speranza di migliorare. Nel 1999 il padre di Eluana, Beppino inizia una battaglia legale che sarà lunghissima, con la quale cerca di ottenere il consenso a sospendere l’alimentazione e l’idratazione. L’articolo 32 della costituzione dice che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, e la richiesta del padre di Eluana si basa su questo principio. Ma l’alimentazione forzata non può essere considerata “una cura medica”  e quindi la richiesta viene respinta.

Nel 2007 però si pronuncia la Corte di Cassazione secondo la quale il giudice può interrompere le cure in presenza di due circostanze: che la condizione di stato vegetativo sia irreversibile e che ci siano “elementi di prova chiari, univoci e convincenti della volontà del paziente, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni o dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”. Così l’anno dopo, la Corte d’Appello di Milano autorizza Beppino Englaro, in qualità di tutore, a interrompere il trattamento di idratazione e alimentazione forzata che tiene in vita la figlia, perché in dibattimento molti testimoni riferiscono di un episodio in cui Eluana a scuola aveva affermato apertamente, citando il caso di una ragazza che viveva in un polmone d’acciaio, che lei non avrebbe mai voluto vivere in quelle condizioni.

A questo punto però è la politica che cerca in ogni modo di bloccare la sentenza fino a emanare un decreto legge con cui il governo vorrebbe evitare la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione nei pazienti in stato vegetativo, ma il presidente Napolitano si rifiuta di firmarlo. Il 9 febbraio del 2009, 16 mesi dopo il pronunciamento della Corte d’Appello mentre il Senato è riunito per elaborare un disegno di legge per provare a fermare l’esecuzione della sentenza della Corte d’Appello, Eluana alla quale erano stati sospesi alimentazione e idratazione da qualche giorno, muore. La storia della ragazza e della battaglia compiuta da suo padre, è stata fondamentale per arrivare all’ormai famosa legge 219 contenente le Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento,  giunta però solo a dicembre del 2017.

Anche se questa legge ha di fatto consentito il testamento biologico ed equiparato l’alimentazione e l’idratazione forzata alle altre cure, il legislatore ha ancora molto da fare. Nella legge 219 infatti non è regolato il così detto “suicidio assistito”. Se infatti una persona si trova nella condizione di non voler più vivere per le insopportabili condizioni in cui versa, ed esprime la volontà di voler interrompere la sua vita, come nel caso di Fabo, ma non è nelle condizioni di poterlo fare da solo, in Italia chiunque lo assistesse sarebbe condannato, perché l’assistenza al suicidio viene equiparata all’istigazione.

Exit mobile version