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Lo scrittore di Terralba Davide Piras finalista del Premio Città di Como: “Felice di questa esperienza”

Non era mai capitato che un sardo riuscisse a superare le varie fasi del Premio Internazionale “Città di Como”, divenuto dal 2014 uno dei contest letterari maggior rilievo in ambito nazionale. Nell’edizione 2018 tra i finalisti è spuntato il nome di Giovanni Davide Piras, scrittore e proprietario del “Dorian Gray” di Terralba, uno dei pochi casi isolani in cui letteratura e caffetteria si incontrano creando un mix culturale di altissimo livello.

Lo scrittore Davide Piras

Il romanzo “Terra Bianca” è uscito nel 2016 ma rimane ancora attualissimo. Se ne sono accorti i giurati del premio (tra i quali figure di spicco come Andrea Vitali, Dacia Maraini, Milo De Angelis e Laura Scarpelli) che hanno apprezzato via via questa storia d’amore fraterno, sbocciato in seguito ai bombardamenti che nel 1943 distrussero Cagliari.  Una storia di perdita e di liberazione che saputo giocarsela fino alla fine, raggiungendo un ragguardevole terzo posto. L’autore ha così raccontato l’emozione e la bellezza di una serata tra i grandi della letteratura italiana.

Quando nasce l’intenzione di partecipare al premio letterario Città di Como?

Il Premio Internazionale di letteratura Città di Como è un concorso che seguivo fin dagli albori. Mi ha sempre intrigato la possibilità di essere raffrontato agli scrittori più bravi d’Italia, possibilità negata nei premi letterari che funzionano solo su invito o su selezione di un comitato interno. Per partecipare a Como basta iscriversi. Partecipano tutti i più importanti gruppi editoriali e il livello è altissimo. Ci ho provato ed è andata bene.

Cosa ti aveva dato fin qui “Terra Bianca”? Di cosa parla e che tipo di percorso aveva avuto sia nella scrittura che successivamente?

Terra Bianca racconta l’epopea di due bambini, Giulio e Saverio: il primo rimasto orfano dopo i bombardamenti che nel 1943 distrussero Cagliari, il secondo nato con la sindrome di down. Il romanzo, descrivendo il loro legame, attraversa 30 anni di storia d’Italia e della Sardegna. L’ambientazione è quella del mio paese: Terralba. L’ho scritto in pochi mesi, quasi fosse un flusso istintivo: non riuscivo a staccarmi dalla storia. Poi ci sono voluti 2 anni di lavoro per rifinire l’opera e altri 2 anni per trovare un editore. Terra Bianca è uscito nel 2016: da subito è stato molto apprezzato, ma più nello stivale che nell’isola. Ho girato parte d’Italia per promuovere il libro: Lazio, Piemonte e Sicilia le tappe più significative e a marzo sarò in Calabria. Nella mia terra invece ho ricevuto meno attenzione, anche se alcuni mi hanno ospitato volentieri nonostante non avessi un cognome altisonante. Si sta muovendo qualcosa adesso dopo il Premio di Como, mi ha dato un minimo di notorietà.

Cosa hai pensato quando via via il romanzo superava le varie scremature?

Alla finale sono arrivato dopo un’aspra selezione che ha analizzato 2600 opere, di cui 880 arrivate dalla narrativa edita. I primi gradi di giudizio sono stati effettuati da studenti liceali e docenti; il secondo da un comitato di lettura composto da librai, bibliotecari, soci dei circoli di lettura, rettori, giornalisti, scrittori e semplici lettori forti; infine, i 20 rimasti, sono passati al vaglio della giuria tecnica composta tra gli altri dagli scrittori Andrea Vitali e Dacia Maraini, dal poeta Milo De Angelis, da Francesco Cevasco già curatore per anni delle pagine culturali del Corriere della Sera e da tanti altri esperti di letteratura. Leggere i nomi degli scrittori partecipanti avrebbe scoraggiato anche il più inguaribile ottimista. E invece nella terna finalista la giuria tecnica ha voluto il mio romanzo. Quando me l’hanno comunicato stavo per svenire. I giorni precedenti li ho vissuti con una tensione terribile addosso, eppure è stato bello.

Arrivi tra i finalisti, voli verso Como. Ti aspettavi qualcosa di più una volta arrivato nella rosa dei candidati alla vittoria? Secondo te cosa è mancato?

Sarei ipocrita nel sostenere di non averci sperato. Quando sei lì vuoi vincere. Ma dopo il proclamo mi sono rasseranato perché la vincitrice Maria Attanasio e il secondo classificato Daniele Mencarelli hanno scritto 2 romanzi straordinari. Leggete “La ragazza di Marsiglia” – Sellerio Editore – e “La casa degli sguardi” – Mondadori – poi mi direte. Non credo mi sia mancato qualcosa. La giuria ha rimarcato più volte che il livello era altissimo e tutti e tre avremmo meritato di vincere. Credo che l’esperienza della Attanasio, che dal 1979 pubblica poesie, saggi e romanzi con i più grandi editori italiani ed europei, abbia fatto pendere l’ago della bilancia dalla sua parte. E anche Mencarelli, pur avendo solo 43 anni, ha una storia editoriale certamente più corposa della mia. Perdere con loro è stato un onore. Io sono felice così, d’altronde ho battuto tutti meno che due(l’autore ride) e ci avrei messo la firma col sangue prima dell’iscrizione al Premio.

Hai ricevuto attestati di stima, feedback da colleghi e/o editori?

Da parte di molti colleghi ho ricevuto attestati di stima bellissimi. E anche alcuni editori mi hanno fatto avere i loro complimenti. Ma sono stati i miei paesani a rendermi orgoglioso di ciò che ho fatto. Mi hanno sostenuto con un tifo da stadio: il loro calore è arrivato fino a Como. Io e la mia famiglia lo abbiamo sentito tutto. Grazie a loro ho avuto meno paura di presentarmi dinanzi a una giuria così autorevole.

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