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Non sempre la legge tutela i bambini disabili: quando burocrazia e scarsa formazione sono dannosi

Kai Schirrmacher e Chiara Mattarazzo sono la famiglia di Nicola, un bambino di 8 anni che si appresta a frequentare la terza elementare, e si battono affinché al piccolo e tutti quelli come lui, venga assicurata la continuità didattica essenziale per la sua crescita. Per poter fare dei progressi, conquistare a piccoli passi quell’autonomia che gli consenta di vivere una serena vita di relazione, nei limiti della sua condizione, Nicola ha bisogno di supporto e terapia costanti. È necessario che tutte le figure professionali che ruotano intorno a lui collaborino per disegnargli un percorso educativo su misura. Se pensiamo a quanto sia difficile in generale per tutti i bambini cambiare insegnante, adattarsi a una nuova figura di riferimento, si può capire quanto questo cambiamento possa essere pesante per bambini che hanno difficoltà a relazionarsi con gli altri. Il farraginoso sistema di nomina dei docenti, unito al fatto che non ci sono abbastanza insegnanti qualificati di ruolo, comporta che nella stragrande maggioranza dei casi i bambini come Nicola ogni anno cambiano insegnante di sostegno.

Kai e Chiara qualche giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico, come ogni anno, sono andati a scuola per informarsi, per sapere se l’insegnante di sostegno sarebbe stata presente dal primo giorno e soprattutto se sarebbe stata la stessa docente della quale loro sono contentissimi, visti i progressi e le conquiste raggiunti l’anno precedente da Nicola. Con loro grande delusione però hanno scoperto non solo che ancora non si era proceduto alle nomine, ma che la riconferma dell’insegnante sarebbe stata improbabile, vista la sua posizione in graduatoria. «Nicola, come molti bambini che hanno gli stessi problemi- spiega Kai- spesso ha reazioni impreviste, qualche volta può diventare aggressivo, per questo è fondamentale che chi si occupa di lui lo conosca, lo sappia prendere. Quando ci hanno detto che gli insegnanti di sostegno non sarebbero stati in classe dal primo giorno, abbiamo deciso di non portarlo a scuola».

I bambini disabili vengono sempre accolti in classe, anche se il docente di sostegno non è presente, e in questi casi vengono affidati a supplenti, che possono non essere specializzati, magari potrebbero non essere in grado di gestire determinate situazioni, per questo spesso le famiglie preferiscono non portare i bambini a scuola in questi casi. Kai a questo punto si è rivolto all’ufficio scolastico provinciale, dove ha scoperto che le scuole, per una serie di adempimenti di carattere burocratico relativi all’esaurimento delle graduatorie, hanno potuto procedere alle nomine dei docenti di sostegno solo dal venerdì precedente l’inizio dell’anno scolastico, cioè soltanto un giorno lavorativo prima. «Se il problema è il sistema di nomina, si deve prevedere un meccanismo diverso -prosegue Kai- non è accettabile che ai bambini che hanno più necessità si pensi per ultimi. Io non credo che non esista un sistema per fare in modo che il primo giorno di scuola tutti gli insegnanti siano al loro posto, se è la legge che lo prevede, la legge si deve cambiare». Ma il problema più grave non è tanto il ritardo nelle nomine, quanto il fatto che non ci sono garanzie sulla continuità didattica. In realtà esiste un decreto legislativo del 2017, il n. 66 che stabilisce all’articolo 14, che su richiesta dei genitori venga confermato il docente di sostegno anche se supplente, da un anno all’altro, tuttavia i presidi non possono metterlo in pratica perché non è stato emanato il decreto attuativo. D’altra parte comunque il decreto fa salvi i diritti dei docenti di ruolo, anteponendo quindi il diritto del lavoratore a quello del bambino.

«A noi quest’anno è andata bene- precisa Kai- siamo riusciti ad avere la stessa docente dello scorso anno, forse il fatto di esserci fatti sentire ha avuto il suo peso. Ma molti altri studenti non sono stati così fortunati. E comunque da quando Nicola frequenta la scuola non sempre è andato tutto liscio. Purtroppo può capitare, così come in tutte le professioni che non tutti i docenti siano sufficientemente preparati o mettano lo stesso impegno nel loro lavoro». Solo che nei casi come quello di Nicola, la scarsa preparazione o la poca volontà possono creare danni irreparabili e vanificare tutti gli sforzi sostenuti gli anni precedenti. La famiglia di Nicola si è vista costretta a trasferire il bambino dopo la prima elementare, perché non faceva progressi e non si trovava bene, ma la docente era di ruolo, quindi l’unica possibilità era cambiare scuola. «Adesso Nicola frequenta l’ICS a Sestu e si trova benissimo, ma una riflessione bisogna farla: alla fine ci troviamo davanti a un paradosso- conclude Kai- da un lato il docente di ruolo resta al suo posto anche se non svolge bene il suo lavoro, dall’altro all’insegnante precario competente e volenteroso, viene impedito di restare dove stava aiutando veramente un bambino disabile a crescere e migliorare. E alle famiglie non viene data alcuna possibilità di scegliere».

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