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Folklore, Magia e Tradizione: la leggenda dello sbadiglio, un antico modo di flirtare che poteva costare caro

Flirt

Whatsapp, Instagram, Facebook, Tinder: oggi abbiamo davvero tanti modi per comunicare i nostri sentimenti alla persona che ci interessa. Inoltre, i tempi permettono di approcciare direttamente con qualcuno, proporsi, chiedere il numero di telefono o il contatto Facebook.

Non è sempre stato facile interagire con la propria crush (è chiamata così dai giovanissimi la cosiddetta “cotta”), in passato ci si inventava diversi modi per manifestare il proprio interesse, uno di questi era sbadigliare in direzione della persona per cui si provano sentimenti e, se quest’ultima/o ricambiava sbadigliando nella stessa direzione, allora voleva dire essere ricambiati. Insomma, un vero precursore dello squillo degli anni ’90/2000.

Il problema era che uno squillo non aveva per forza conseguenze tragiche, lo sbadiglio sì. Soprattutto le ragazze (stranamente) erano quelle che si esponevamo ad un maggior rischio: infatti, si racconta, che ad una giovane donna era proibito sbadigliare in presenza di uomini non appartenenti alla sua famiglia. Gli uomini della famiglia, padre o fratelli, minacciavano sempre le ragazze che, se avessero in qualche modo flirtato o  fossero rimaste incinte al di fuori del matrimonio, sarebbero state portate presso la terrificante Tumba ‘e Nurai.

Sa Tumba e’ Nurrai era un burrone profondissimo che allora si credeva addirittura senza fondo, dove venivano gettate le donne che, secondo la famiglia, si erano comportate in modo leggero e, noncuranti delle conseguenze, avessero portato disonore in casa. Era compito del padre o dei fratelli punire la donna (talvolta anche l’uomo con cui era avvenuto il flirt) e, come facilmente intuibile, non era facile manco per loro compiere un gesto simile. Per dimostrare l’avvenuta punizione doveva essere tolto di dosso un indumento alla ragazza e doveva essere poi appeso ad un albero in modo che nessuno avrebbe potuto accusare la famiglia di disonore.

La leggenda del serpente 

In passato, capitava spesso che le ragazze andassero a lavorare nei campi in Sardegna. Ognuna aveva il suo compito e dava il suo contributo. Un giorno caldissimo, in piena estate, una giovane di Lula vide uno spazio ombroso tra alcuni alberi e decise di fare un pisolino prima di tornare al lavoro.

La leggenda racconta che un serpente, attirato dall’odore del latte bevuto a colazione dalla giovane, passando per la bocca della giovane si insinuò nel suo ventre e lì rimase. Il risveglio della ragazza e i successivi giorni furono un vero inferno: iniziò a stare male, a rimettere, tanto che i fratelli sospettarono fosse incinta. Così, per niente felici, le dissero di prepararsi per andare ad una festa, ma in realtà imboccarono la strada per sa Tumba ‘e Nurai. Durante il percorso si fermarono presso un ovile dove incontrarono un vecchio pastore che, una volta sapute le reali intenzioni dei ragazzi, decise di conoscere la giovane per capire quale fosse il problema.

Da una prima occhiata al pastore la ragazza non sembrava affatto incinta, così consigliò ai fratelli di appenderla a testa in giù ad un albero, di mettere una ciotola ricolma di latte sotto di lei e di attendere. Seguite tutte le istruzioni i ragazzi attesero e, dopo poco, videro il serpente uscire dalla sua bocca e gettarsi di impeto nella ciotola. Tutti furono sollevati, specialmente i giovani uomini, liberati dal duro compito di dover punire la sorella!

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