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Piccole e medie imprese sarde sfidano la Brexit: 31milioni di beni e servizi sul mercato britannico

La Brexit non fa paura alle piccole e medie imprese della Sardegna che presentano segnali positivi nell’export verso la Gran Bretagna. Si aggira intorno a 31 milioni di euro, infatti, il giro di affari delle micro, medie, piccole imprese della Sardegna nel mercato britannico, che è in crescita del 42% tra il 2016 e 2017.

Lo ha riferito Confartigianato Imprese Sardegna che ha pubblicato l’analisi realizzata dall’Osservatorio per le MPI  sull’export delle MPI isolane nel Regno Unito nel 2017, su fonte Istat. Il dossier ha analizzato i flussi commerciali dell’Isola verso Inghilterra, Galles, Scozia e Nord Irlanda di alimentari, prodotti in legno e metallo, pelletteria, abbigliamento e tessile, mobili e ceramiche. Dei 31,657 milioni di euro esportati negli ultimi dodici mesi dall’Isola nel Regno Unito, 24 milioni di euro sono dati dalla vendita di prodotti in metallo, 4 di materiale vario, 2,5 è dell’agroalimentare, il resto da dividere in altre categorie.

Tra le province con maggiore tasso di esportazioni, c’è il Sulcis con 24 mln in crescita del 45,8%, segue la Gallura con oltre 4mln (+422,8%), segue Cagliari e Oristano con 1,2mln, Sassari con circa 300mila e Nuoro con poco più di 200.

«Questi dati, per le micro e piccole imprese, rappresentano una fetta importante del loro fatturato – commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – e ci danno l’idea di quanto il Regno Unito rappresenti un partner commerciale importante per le nostre aziende. Purtroppo le conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sono tutte da valutare – continua Matzutzi – non mi riferisco unicamente alle ripercussioni sui mercati finanziari, ma anche a quelle sull’economia reale, visto l’indebolimento di quell’area di libero scambio che ha rappresentato il vero punto di partenza dell’Europa per come la conosciamo oggi. Il timore è quello di tornare indietro di decenni – sottolinea Matzutzi – passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall’altra».

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