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Roberto Zanda torna in Sardegna e promette: “Tra un anno di nuovo in gara”

All’aeroporto di Elmas ieri erano in tanti ad attenderlo, amici, parenti e semplici sostenitori. Tanti anche i giornalisti, a dimostrazione del fatto che ormai, quello che tutti chiamano “Massiccione”, è diventato un personaggio molto amato. Tutti seguono il percorso di guarigione di Roberto Zanda, anche grazie alla positività che lo sportivo cagliaritano ha sempre dimostrato fin dai primi drammatici momenti dopo il suo salvataggio.

Ad attenderlo a Elmas, tra gli altri c’era Gianluca De Montis, uno dei componenti del team che seguiva Zanda durante la gara. Ovviamente visti i pericoli connessi a un tipo di competizione estrema come la Yukon Artic Ultra, che si svolge tra i ghiacci del Canada a temperature rigidissime, nella quale è a rischio la stessa vita degli atleti, vengono messe in atto una serie di strategie a tutela dei partecipanti. Gianluca, che effettuava le riprese con il drone racconta i drammatici momenti in cui Zanda si è perso: «Quella sera abbiamo salutato Roberto come sempre, per poi seguirlo con il GPS. Con precisione non ricordo che ora fosse, anche perché in quei posti, in quel periodo dell’anno c’è sempre una certa oscurità». La gara, una delle più dure al mondo, si è dimostrata particolarmente ostica, nel momento in cui Zanda si è fermato erano rimasti in tre, lui unico italiano, aveva percorso 319 dei 489 chilometri previsti. «Ad un certo punto – prosegue Gianluca- ci siamo resi conto che il GPS funzionava in maniera strana, segnalava spostamenti insoliti.

Ci siamo subito allarmati, perché non era mai successo, l’abbiamo seguito con la massima attenzione, quando poi abbiamo visto che non si muoveva più abbiamo chiesto subito di attivare i soccorsi». Zanda era stanco, faceva veramente freddo, 50 gradi sotto zero, si è fermato per riposarsi, tentare di recuperare un po’ di energie. «Abbiamo dovuto sollecitare più volte l’intervento dei soccorritori- dichiara Gianluca- alla fine, con precisione non so dire quante ore abbiamo aspettato, ricordo solo la preoccupazione, però di sicuro sono passate almeno 13 ore».

Nonostante la drammaticità della situazione Roberto Zanda ha dimostrato grande coraggio e tanta ironia nell’affrontare un lunghissimo percorso di terapie. Tanti i video e i messaggi, spesso con la bandiera dei quattro mori a fare da sfondo, che l’atleta estremo ha dedicato ai suoi tifosi per tranquillizzarli sulle proprie condizioni. E ieri non è stato da meno. Qualcuno ha portato una sedia a rotelle che lui ha rifiutato deciso, Zanda si muove con estrema disinvoltura sulle sue protesi, ha spiegato che adesso deve dedicarsi alla fisioterapia, per ripristinare il tono muscolare, ironizza sui suoi arti bionici, e come tutti gli sportivi di razza ha già trasformato il suo handicap in un punto di forza: «Mi sento benissimo, ho imparato a usare le protesi, devo solo perfezionare l’uso della mano artificiale, perché è più complesso, per ora riesco solo a mangiare e fare qualche altro piccolo movimento».

Addirittura si sfila la mano artificiale e la porge alla moglie, per spiegare che nelle sue condizioni diventa difficile frugarsi il naso. Non ha nessuna intenzione di fermarsi, anzi, sta già programmando la sua prima gara da atleta “Bionico” come lui stesso si definisce, si è dato un anno di tempo per tornare alle competizioni: «Ho preso contatti con una società in Namibia, non ho nessuna intenzione di fermarmi, tra un anno a partire da oggi tornerò alle competizioni». E noi, ovviamente facciamo tutti il tifo per lui.

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