Diga Monti Nieddu, Sarroch: lavoratori in sciopero. Da mesi non vengono pagati
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I lavoratori al cantiere della diga di Monti Nieddu a Sarroch da stamattina hanno incrociato le braccia: da mesi non percepiscono stipendio. A denunciare e mettere in luce il fatto è il deputato di Unidos, Mauro Pili
I lavoratori al cantiere della diga di Monti Nieddu a Sarroch, incrociano le braccia. Da mesi non percepiscono stipendio. L’opera si trova in una fase delicata della realizzazione e cioè l’elevazione dello sbarramento ma ora tutto è fermo.
A denunciare la situazione il deputato di Unidos, Mauro Pili: “Da questa mattina i lavoratori delle imprese d’appalto che stanno realizzando la diga di Monti Nieddu a Sarroch bloccano il cantiere che sta realizzando l’imponente sbarramento. Da mesi non vengono pagati senza alcun motivo. Si tratta dell‘ennesimo blocco di una diga fondamentale per lo sviluppo turistico e agricolo dell’intera zona. Il blocco avviene proprio nel momento in cui era cominciata la fase più delicata della realizzazione dello sbarramento dell’invaso. E’ l’ennesimo cantiere che si blocca per responsabilità dirette della regione che continua a non monitorare l’esecuzione degli appalti e il corretto pagamento di imprese e sub appaltatori e conseguentemente dei lavoratori stessi.
Si intervenga immediatamente per pagare le maestranze ed evitare questo ennesimo blocco che rischia di compromettere una fase delicata della realizzazione della diga. Un invaso finanziato nel 2003 con 52 milioni di euro con un mio provvedimento da commissario governativo per l’emergenza idrica e che a distanza di 15 anni le amministrazioni che si sono susseguite non sono state in grado di realizzare e che vedono oggi un ulteriore blocco. In un cantiere come quello di una diga i lavoratori sono il pilastro di una corretta esecuzione dei lavori, non pagarli significa mettere a repentaglio la corretta realizzazione dell’opera. Nel contempo vanno valutate tutte le situazioni delicate che riguardano l’esecuzione dell’infrastruttura, a partire dalla gestione dei fanghi di lavorazione che devono trovare la giusta collocazione in apposite discariche”.
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La Sardegna nella Divina Commedia: niente Paradiso per i sardi. Il giudizio severo di Dante
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Vittime del giudizio severo di Dante furono anche le donne barbaricine, ree di andare in giro a seno scoperto (usanza mai accertata dagli storici).
“E a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche”. Così Dante apostrofava i sardi nel XXII canto dell’Inferno della Divina Commedia, quasi stesse descrivendo l’innata abitudine degli abitanti dell’Isola di parlare della loro terra natia ovunque si trovino.
Pur non essendoci prove storiche di un suo soggiorno in Sardegna, sembrerebbe che il sommo poeta fiorentino conoscesse pregi e difetti dei sardi. A svelare tutti i segreti del rapporto tra Dante e la Sardegna ci ha pensato “E a dir di Sardigna – viaggio nella Cagliari dantesca”, un bellissimo tour organizzato il 19 marzo da Tour Lab Sardinia con la guida esperta della storica dell’arte Roberta Carboni.
Alcuni studiosi ritengono plausibile l’idea che Dante possa essere stato in Sardegna, vista la sua amicizia in giovane età con Ugolino Visconti (detto Nino), ultimo giudice di Gallura nipote di Ugolino della Gherardesca, conte dei Donoratico, che menziona nell’VIII canto del Purgatorio.
Nel canto XXVI dell’Inferno, il poeta fa parlare Ulisse: “L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco e l’isola de’ sardi e l’altre che quel mare intorno bagna”.
Pare anche che il Vate si sia ispirato all’architettura difensiva pisana presente nel quartiere Castello a Cagliari quando, nell’Inferno, parla di un luogo chiamato Malebolge. Si tratta dell’VIII cerchio, i cui dieci fossati sono cerchiati da mura simili a fortificazioni di un castello.
E ancora, secondo alcuni studiosi, nella descrizione della montagna del Purgatorio Dante si sarebbe ispirato all’isola di Tavolara.
La Divina Commedia, dunque, è ricca di riferimenti alla Sardegna. Tuttavia, Dante colloca i sardi nel Purgatorio e nell’Inferno, mentre nel Paradiso non vi è traccia. Tra i condannati c’è frate Gomita, definito come uno dei più grandi barattieri. Governò il Giudicato di Gallura ma fu impiccato per ordine del Nino Visconti per aver liberato alcuni nemici del Giudicato.
Vittime del giudizio severo di Dante furono anche le donne barbaricine, ree di andare in giro a seno scoperto (usanza mai accertata dagli storici). Tuttavia, il poeta le colloca in Purgatorio, perché meno scostumate delle donne fiorentine: “ché la Barbagia di Sardigna assai ne le femmine sue più è pudica che la Barbagia dov’io la lasciai”(XXIII canto).
Da tutti i riferimenti alla Sardegna presenti nella Divina Commedia, si evince che il sommo poeta non era di certo benevolo verso i sardi, anzi. Ma considerato il fatto che inveiva anche contro la sua Firenze e inneggiava all’inondazione di Pisa, che altro ci si poteva aspettare?
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