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L’economia sarda cresce lentamente. In testa export e turismo, ma non bastano

San Giovanni di Sinis - Foto Sardegna Turismo

San Giovanni di Sinis - Foto Sardegna Turismo

La Sardegna fa ancora fatica a mettersi al passo con le altre regioni europee ma ci sono segnali positivi – dal turismo, dall’innovazione e dai consumi delle famiglie, che fanno ben sperare per il futuro dell’Isola.

La fotografia che il Crenos ha fatto della Sardegna per il biennio 2016- 2018 nel suo 25° Rapporto è, infatti, quella di una regione dove sono il turismo e le esportazioni a tirare su l’economia ma dove ancora il tasso di disoccupazione resta elevato al 17%, pur avendo raggiunto i minimi storici dal 2013 con una diminuzione dell’1,4%.

Il settore che assorbe più della metà degli occupati in Sardegna è quello dei servizi; nel 2017, infatti, quasi il 55% dei lavoratori ha trovato occupazione in questo settore, mentre in Italia erano il 49,6%. Una grossa fetta di occupati nel settore dei servizi lavora nel turismo e nel commercio: nel 2017 queste due attività hanno registrato una quota di occupati che ha toccato il 22,7%. Sono aumentati anche gli occupati nel settore dell’industria, con un +9,3%, ma è il settore agricolo invece a contare perdite, con un ‐10%.

Quest’ultimo settore resta, invece, ancora in vetta per il numero di imprese, circa 34 mila, il 24% del totale, e per la loro capacità di creare valore aggiunto. Andando ad analizzare nel dettaglio le tipologie di imprese attive nell’Isola, si scopre che le micro imprese assorbono il 64% del totale degli addetti in questo settore, mentre la media nazionale si aggira intorno al 46%. Resta sottodimensionato il comparto industriale con il 21% delle imprese e il 16% del valore aggiunto in Sardegna, contro il 24% di imprese e del valore aggiunto in Italia.

La Sardegna resta indietro rispetto al resto del Paese anche per investimenti in ricerca e sviluppo e per la sua incidenza nel PIL che nel 2015 toccava lo 0,83%, molto al di sotto della media nazionale (1,34%) ed europea (2,03%). In Sardegna gli investimenti in questo settore sono prevalentemente di natura pubblica, con la componente privata nettamente in minoranza al 12%, dato che in Italia e in Europa è decisamente diverso, rispettivamente al 61,3 % e 65,4%.

I dati positivi arrivano, invece, dal settore dell’export. Bene quelle del settore petrolifero, che aumentano di oltre 1 miliardo di euro (+30%) e anche quelle degli altri settori che complessivamente sono pari a 944 milioni, attestandosi ad un +20%. Scendendo nei dettagli, però, sono in calo le esportazioni nel settore lattiero-caseario pari a 120 milioni di euro, con un -2%, mentre aumentano quelle nel settore della chimica di base (fertilizzanti, composti azotati, materie plastiche e gomma sintetica) dove superano i 210 milioni di euro (+56% rispetto al 2016).

Riprendono anche i consumi delle famiglie. Con un tasso di crescita del 2,1%, tra i più alti del Paese, aumenta la spesa per i servizi e per gli alimentari, i prodotti per la persona e la casa, i medicinali (+1%) e la spesa per i beni durevoli  (+7%).

Ma è il turismo a trainare la ripresa economica dell’Isola. In Sardegna, infatti, sono in aumento le presenze di turisti italiani con un +7,7% nel 2016, il tasso più alto di altre regioni come la Sicilia, la Calabria e la Corsica; allo stesso modo, crescono anche gli stranieri che scelgono la Sardegna come meta turistica: nel 2016 la percentuale è cresciuta del 10,1%, pari quasi alle presenze in Sicilia. Complessivamente, gli stranieri – provenienti prevalentemente da Germania, Francia, Svizzera e Regno Unito – che visitano la nostra isola sono il 48% del totale, dato in linea con la media nazionale (49%). E se il numero degli stranieri è di poco inferiore a quello dei turisti italiani, sono gli stranieri che invece contribuiscono alla destagionalizzazione, pur minima, del turismo isolano. Il 52% delle presenze totali si concentra nei mesi estivi ma sono gli stranieri i più presenti nei mesi di maggio, settembre, ottobre. 

Sul fronte dell’offerta ricettiva, aumenta l’offerta di alta qualità (+14%) e in generale nel 2016 sono aumentate le strutture ricettive del 3%, così come è aumentato toccando il 24,7% l’indice di utilizzazione delle strutture delle strutture alberghiere, mentre quello delle strutture extra-alberghiere resta al 9,9%.

Da scuola e istruzione arrivano segnali incoraggianti: il tasso di abbandono scolastico è passato dal 22,9% del 2015 al 18,1% del 2016, diminuendo di ben 4,8 punti percentuali. Resta però lontano l’obiettivo nazionale del 16%, per il quale la Sardegna insieme ad alcune regioni italiane deve ancora lavorarci su.

La nota dolente della spesa pubblica sarda è quella del settore sanitario. Il sistema sanitario regionale sardo, infatti, ha visto crescere nel corso di questo triennio la spesa pro capite: con una spesa media di 1.981 euro per abitante, il dato è in crescita dell’1,6%  rispetto al 2015, attestandosi come il livello di spesa più elevato dell’ultimo decennio. E il dato è superiore a quello del Centro-Nord (1.902 euro), del Mezzogiorno (1.769 euro) e della media italiana (1.856 euro).  Da un’analisi incrociata fra spesa sanitaria ed erogazione dei LEA -Livelli Essenziali di Assistenza- emerge che in Sardegna manca una gestione efficiente delle risorse con le quali, appunto, non si riesce a garantire dei servizi sanitari essenziali soddisfacenti.

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