Site icon cagliari.vistanet.it

Democrazia e guerra: Gabriele Del Grande a Cagliari racconta la Siria

Fondatore dell'”osservatorio sulle vittime di frontiera Fortress Europe, blogger, scrittore e regista: Gabriele Del Grande, classe 1982, ha presentato ieri a Cagliari la sua ultima fatica letteraria, Dawla, pubblicato da Mondadori lo scorso aprile. Intervistato dal cagliaritano Roberto Loddo negli spazi gremiti della Fondazione di Sardegna, l’autore lucchese ha raccontato una guerra, quella siriana, “difficile da capire, dove non esistono buoni e cattivi”, che continua a mietere le sue vittime in Medio Oriente.

Uno spaccato ben raccontato nelle pagine di Dawla, “titolo che in arabo significa Stato, narrazione in cui l’autore propone una galleria di personaggi affiliati allo Stato Islamico. Le storie dei carnefici, quindi, che si intrecciano in una visione inedita alla lunga e complessa storia delle motivazioni, della nascita e della caduta della stessa organizzazione. Sullo sfondo, intanto, passano i nomi di quelle città che di continuo affollano i nostri telegiornali, ancora oggi martoriate da una guerra che, si calcola, abbia mietuto vittime nell’ordine delle centinaia di migliaia. Un libro che racconta «la guerra in Siria, ma in cui in realtà si parla della guerra in generale, delle sue naturali dinamiche, del perché gli uomini aderiscano alle fazioni in lotta per i motivi più diversi», come spiega Del Grande, che racconta in realtà quella che lui stesso chiama «l’essenza della banalità del male».

Dalla nascita del libro, nel 2005, fino alla sua conclusione, passando inevitabilmente per i quattordici giorni di detenzione in Turchia nell’aprile del 2017 e lo sciopero della fame, annunciato in quell’unica telefonata concessa alla sua compagna durante la prigionia. Fatti che scossero l’Italia e fecero nascere movimenti di solidarietà in tantissime città, fra cui anche Cagliari, e che grazie anche all’interessamento del Ministero degli Esteri portarono alla scarcerazione. «Mi trovavo in Turchia, al confine con la Siria, e conversavo con una delle mie fonti seduto al tavolo di un ristorante», ha raccontato Del Grande. «Arrivarono circa otto persone in borghese, ancora non so esattamente chi fossero. Ci mostrarono il distintivo e ci portarono in commissariato, ad Hatay. Ci interrogarono per sette, otto ore, poi in cella. Lì comprai un quaderno e una penna, con l’idea di prendere appunti su quanto stava succedendo, ma qualcuno lo disse alle guardie, e poche notti dopo fui trasferito in un secondo centro di detenzione, a Mugla, a circa 500 km dal primo».

Il progetto, nato da un crowfunding appoggiato con passione dai sostenitori dell’autore, costituisce la sua quarta pubblicazione. Del 2014 è invece Io sto con la sposa, film-documentario che ha sancito l’esordio in regia di Del Grande, che gli è valso la candidatura per il David di Donatello.

Exit mobile version