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Apocalypse Mum. Come posso, io mamma atea, spiegare a mio figlio la religione?

Mentre ero affaccendata in faccende domestiche serali e seriali di cui vi evito la lista, il mio bambino, anche lui impegnato in altrettante occupazioni (idem come sopra il racconto di tali entusiasmanti avventure), mi ha posto la seguente domanda: “Mamma, ma chi è Gesù?”. I primi cinque secondi, devo dirla tutta, ho fatto finta di niente sperando in un suo desistere, ma al sesto secondo è ripartito in quarta: “Mamma ma me lo vuoi dire chi è Gesù?”. A questo punto il panico: “E ora come glielo spiego che io non ci credo?”.

Mio figlio, 6 anni, frequenta la scuola primaria pubblica e la religione è compresa nel pacchetto. Ma ovviamente moltissime cose di ciò che incamera grazie alle maestre, così come per tutte le altre materie, alle volte devono essere anche confermate e rispiegate da mammà. Stavolta mi sono accorta che non potevo cavarmela con una spiegazioncina banale: ormai, presumo come tutte voi care ragazze, sono una campionessa in voli pindarici al fine di esulare certe domande fatte magari alle 10 di notte quando ormai il mezzo neurone sano ha solo la forza di condurti strisciando come un lombrico sul divano pronto a inglobarti.

Insomma, chi è Gesù. In un primo tempo sono riuscita a cavarmela con la solita storiella, sempre carina, ma sempre quella: era nella pancia di Maria (evitando come la peste il come ci sia finito lì dentro perché ancora molti di voi se lo chiedono, eh?) compagna di Giuseppe etc etc i due rifugiati cercavano un posto per poterlo far nascere e vivere al calduccio etc etc., pochi giorni dopo la nascita sono arrivati tre signori, i Re Magi, che gli hanno fatto tre regali, oro, incenso e mirra: “Mamma, perché la birra?”. “No amore, la mirra”. “Boh, o mà, ma che regali sono?”. E continuava, noncurante del mio sguardo perso nel vuoto più assoluto implorante a Zeus pietà: “Ho sentito a scuola che la Madonna è la mamma di tutti noi. Ma cosa vuol dire, la mia mamma sei tu e tu mi hai detto però che l’uomo discende dalla scimmia. Ma chi è nato prima, la scimmia o l’uomo? E se è nata prima la scimmia, quella scimmia avrà pur dovuto avere una mamma. Quindi? Io non ho capito bene mamma”.

Insomma la questione stava diventando più complicata del previsto e le mie forze, mentali e fisiche languivano. Quindi, da buona Apocalypse Mum, volta a cercare spesso un modo per sfuggire alle complicazioni quotidiane, come una pernice dal segugio, gli ho detto: “Cuore di mamma tua, facciamo che domani cerchiamo un bel libro sull’evoluzione (vi evito la richiesta di spiegazioni al termine evoluzione) e mammina tua imparerà e leggerà con te”. Forse stanco delle insensate frasi materne ma più che altro consapevole del fatto che anche la sua genitrice aveva poco da offrirgli in quel momento, ha avuto pietà di me e si è rituffato nel sacro mondo non-sense dei fumetti di Sio (lote a te, grande e immenso Simone Albrigi).

E qui arriviamo al dunque. Io non ho mai avuto il dono della fede, perchè sì, sappiate che è un grande dono. Voi che lo possedete siete carichi e forti di un grande bagaglio di coraggio e speranza nel futuro, che vi permette di affrontare le difficoltà della vita con quel quid in più che noi atei neanche ci sogniamo. Insomma io sta fede non ce l’ho ma vorrei che mio figlio prima di desistere dal provare a coltivarla, almeno la cercasse o quantomeno la approfondisse. Io non riesco a credere in una divinità ultraterrena e in un aldilà (giuro, ci ho provato) e questo in realtà ormai non mi importa più perché mi basta credere nei lumi, nell’intelligenza umana e nell’amore; credo in concetti più “materiali” e quasi mi turba il poter pensare che lassù ci sia qualcuno che, diciamocela tutta, magari si impegna ma alle volte i risultati mica si vedono poi così tanto. Insomma, tornando a mio figlio, ritengo che, prima di non credere, debba conoscere. Solo questo potrà dargli, così per la religione come per tutto il resto, piena libertà di scelta.

Chi sono io per potergli consigliare se credere o no in qualche dio o seguire qualche fede? Potrei al massimo raccontargli un giorno perché non lo faccio io, ma mai mi permetterei di dirgli cosa dovrebbe fare a riguardo. Bè, se poi decidesse di diventare prete la faccenda sarebbe diversa perché a quel punto, qualcosa da dirgli davvero ce l’avrei: “Non occupare tutto il tuo tempo nella preghiera. Usalo per aiutare chi è malato, chi non ha avuto e chi non riceve amore, chi ha fatto del male e vuole cambiare e chi non sa cosa fare della sua vita. Poi, e solo dopo esserti preoccupato del prossimo tuo, quando e se avrai del tempo per pregare, fallo e fallo anche per la tua mamma che quelle preghiere non te le ha mai insegnate ma che è orgogliosa di te e che se ti vede felice in abito talare continuerà per sempre a fare il tifo e sostenerti in tutto, anche stando in disparte dietro un inginocchiatoio o fuori, nel sagrato, a guardarti con gli occhi innamorati di mamma, gli stessi che ti hanno guardato in quello stesso modo la prima volta”.

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