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Dal CLab al mercato: Mariano Mastinu racconta EFlavor l’innovativo device elettromedicale che permette l’analisi oggettiva del gusto in pochi minuti

23 anni, originario di Seneghe, prossimo alla laurea magistrale in Biologia cellulare e molecolare: è Mariano Mastinu, CEO di EFlavor – team finalista nell’ultima edizione del Contamination Lab dell’Università di Cagliari e vincitore di uno dei premi speciali – da più di due anni al lavoro su un’idea che potrebbe cambiare definitivamente il modo di gestire le analisi del gusto. Mariano racconta l’idea a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del suo primo articolo scientifico sulla rivista Plos-One, incentrato sulla funzione della A-Arginina nell’ambito della percezione dei gusti principali.

Cos’è stato il Contamination Lab?

«Lo riassumerei con una parola: pivot. Che nel marketing significa cambiare, radicalmente, te stesso, le tue idee e il tuo mercato. Sicuramente si è trattato di un percorso non semplice, che ha richiesto la più totale dedizione e la capacità di adattarsi e mescolare le idee. Ma che in sei mesi ci ha insegnato un metodo di lavoro, ci ha accompagnati alla scoperta del mondo imprenditoriale, dalla nascita dell’idea fino alla prima fatturazione. Direi che il Clab è una vera e propria scuola di idee. Va detto che, in Italia, il lavoro per chi fa ricerca è da inventare, e questa è senz’altro stata l’occasione giusta per capire come farlo. Proprio per questo, e per cercare un mercato adatto, ho voluto portarci l’idea alla quale lavoro con il mio team di ricerca da più di due anni. Il gruppo poi si è formato attorno all’interesse per questo progetto, che ora si avvale della farmacista Gloria Dessì e del lavoro di Francesco Meloni, studente di economia».

Un’idea alla quale lavori con il tuo team di ricerca da più di due anni. Raccontacela.

«Abbiamo ideato una metodica di ricerca, poi validata nel tempo, a partire dalla quale abbiamo sviluppato uno strumento che riesce ad analizzare la sensibilità gustativa rilevando il dato direttamente nella lingua. Il risultato che si ottiene è così univoco e veloce. Un fattore, questo, estremamente rilevante, considerato che numerosi studi testimoniano che la sensibilità gustativa è un indicatore nella diagnosi precoce di alcune malattie. Penso ad esempio ad alcuni tumori, al morbo di Crohn, al Parkinson, all’obesità. In questo senso il nostro strumento si inserisce non soltanto nell’ambito della mera ricerca scientifica».

Hai fatto cenno alla necessità di studiare mercato. Quali sono stati gli esiti delle ricerche condotte dal team?  

«Abbiamo già individuato e studiato diverse aree settoriali. Anzitutto gli otorinolaringoiatri, una classe medica che in Italia si occupa solo di udito e olfatto, ma che all’estero si occupa anche del gusto. Sicuramente poi ci rivolgiamo alle case farmaceutiche: alcune producono farmaci che devono essere assunti quotidianamente e per lunghi periodi, per cui risultano interessate a studiarne l’appetibilità. Così come quelle che lavorano a farmaci destinati ai bambini. Ancora, ci presentiamo agli altri gruppi di ricerca. Finora abbiamo contattato tutti quelli che si occupano di gusto in Italia. Sono cinque, e abbiamo rilevato come anche nei loro laboratori una semplice analisi gustativa, con gli strumenti tradizionali, richiede circa un’ora di tempo. La nostra macchina riduce i tempi di circa il 75%, e a questo aggiunge la capacità di offrire un risultato oggettivo».

La sera della finale hai citato il professor Hummel, primario di otorinolaringoiatria nell’Università di Dresden. Qual è stato il suo riscontro?

«Il professor Thomas Hummel è una pietra miliare del settore, e da anni si occupa dell’argomento e delle correlazioni fra gusto e olfatto. Lo abbiamo contattato attraverso l’Università e ha trovato straordinaria la nostra idea proprio per la sua capacità di offrire un risultato univoco. Gli stessi test che utilizza lui sono basati sulle risposte del paziente: gli si fanno assaggiare delle soluzioni, quindi gli si chiede di fornire un riscontro numerico in base all’intensità della percezione. Hummel, consapevole dei limiti di questo metodo, si è interessato al nostro per poterlo utilizzare anche nei suoi studi».

EFlavor, quindi: quale futuro?

«Il Clab è stato solo l’inizio, la finale propriamente detta è solamente un trampolino. Vogliamo ampliare il mercato, capire esattamente su quale classe di consumatori puntare. Perché siamo consapevoli che l’idea lo merita».

 

 

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