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Il rito de sa Accabbadora arriva a teatro e vince il premio Landieri

È da tanto ormai che la figura de sa Accabbadora – letteralmente “donna che finisce” – è tornata alla ribalta fra libri, cinema e altre forme artistiche. Una figura controversa del panorama culturale e antropologico sardo che ha destato l’interesse di un pubblico non solo sardo che ha interpretato questo personaggio come il conservatore di riti ancestrali.

La pièce “Accabbai – un rito” di e con Alessandra Asuni, in scena oggi a Cagliari all’Exmà, ha voluto riprendere e portare agli occhi dello spettatore la sacralità e il mistero che si celano dietro questo rito antico come il mondo. Ma come ricorda la stessa autrice, l’aspetto che rafforza la resa scenica è proprio la rivisitazione di memorie, gesti e parole con una drammaturgia «che viene fatta esperire direttamente agli spettatori attraverso una performance totale, che dà vita a uno scambio emozionale e energetico tra chi recita e chi assiste. Ogni messa in scena è diversa dalle altre, dipende da quello che gli spettatori mi trasmettono e come reagiscono al rito».

L’importanza della riscoperta e resa teatrale di un rito del genere non è passata inosservata alla giuria del premio Landieri che ne hanno così motivato la premiazione: «Per aver riscoperto tradizioni antiche; per aver fatto vivere agli spettatori la suggestione di un rito; perché le donne sono al centro di questo progetto che merita di essere replicato continuamente».

E infatti è un teatro antropologico, quello di Alessandra Asuni, fatto di studi, interviste e ricerche, che riprende la religiosità primordiale, nei miti atavici con una concezione della morte che è quella condivisa dagli antenati sardi. Ma la ricerca antropologica della Asuni è andata avanti e ha portato allo studio di altre ritualità sarde e dalla quale è nata una trilogia, con “Accabbai”, “Matrici” e “Sabi”, le ultime due dedicate rispettivamente alla figura della levatrice e a quella della guaritrice.

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