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Folklore, magia e tradizione: le signore di Donnigazza, donne avvolte da un alone di mistero da cui deriva il detto “Mi paret sa sennora de Donnigazza!”

Il viaggio all’interno dell’immaginario sardo, ricco di leggende e figure misteriose tutte da scoprire, oggi è dedicato alle signore di Donnigazza, donne molto autorevoli, che uscivano di rado, giusto per presenziare alla messa.  Si narra che tra queste si nascondesse anche una maga potente. Non solo quindi janas o sùrbile, ma ecco un’altra interessante leggenda dedicata alle donne della tradizione sarda.

Quanti di voi conoscono Ghilarza? Proprio lì, dove Antonio Gramsci passò buona parte della sua vita, vi era un paese, oramai scomparso, chiamato Donnigazza. Qui, in strutture che alcuni  dicono somigliassero a nuraghi, altri che, invece, li identificarono proprio come nuraghi di imponenti dimensioni, avevano la loro dimora le signore di Donnigazza. Non si trattava di donne qualunque, anzi, austere e riservate, dedite unicamente alla cura del giardino, le poche uscite che si concedevano erano quelle per recarsi in chiesa. Si racconta che l’ influenza esercitata dalle signore era così importante che il prete di Ghilarza non iniziava mai la messa se prima non notava la loro presenza tra i banchi. Tant’è che è famoso il detto: «Mi paret sa sennora de Donnigazza» o anche «Ta ti cresi? Sa signora e Donnigazza?» per riferirsi a delle ragazze o a delle donne piuttosto vanitose e superbe.

Le abitudini delle signore erano molto particolari, non solo trascorrevano la maggior parte del tempo a curare il giardino delle loro abitazioni, ma erano solite cucirsi da sole gli abiti, dotati di ricchi ricami, così come le loro scarpe ed in testa portavano un fazzoletto bianco. Quando lavavano gli indumenti non utilizzavano il sapone, ma su «grivazzu», il pane di casa.

Una di loro in particolare, chiamata s’Onnigazza, era molto temuta, si dice, infatti, che fosse una maga molto abile nella pratica della magia oscura. Alcuni testi narrano che abitasse nei pressi di Riola e che avesse un patrimonio così vasto che veniva spesso presa di mira dai ladri. Tuttavia, nessuno riuscì mai a derubarla proprio per le sue doti magiche: una volta i malviventi l’attaccarono alle spalle, mentre sbrigava le faccende in giardino, ma lei, veloce come fulmine si tramutò in una cornacchia e scappò via, mettendosi in salvo. Un’altra volta, colta di sorpresa da un gruppo di briganti, li fece diventare tutti invisibili tra loro, cosicché questi dovettero rinunciare all’impresa. Per proteggersi dai vari attacchi  s’Onnigazza circondò la sua casa di fossi profondissimi ricolmi d’acqua in modo tale che nessuno potesse attraversarli e, quando lei stessa doveva recarsi a messa, scendeva giù per un tunnel sotterraneo scavato grazie alle sue capacità.

Ma qual è il triste epilogo che pose fine alla vita di una donna tanto potente e astuta? Nient’altro che una goccia di rugiada che colpendola la fece ammalare di raffreddore e successivamente ne procurò la morte. Questo avvenne ovviamente mentre la donna si trovava nel suo amato giardino. La tradizione, comunque, stenta a dimenticarsi della sua storia, così come quelle delle signore di Donnigazza che vengono citate in vari testi da “Vita sarda” di Gino Bottiglioni a  “La leggenda della pazzia”  di Pietro Lutzu e, conoscendo meglio queste figure, è facile intuirne il perché.

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