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Quando le volontarie ci mettono il cuore: la Mensa Sociale di Assemini e la Consulta delle Donne

Quando le volontarie ci mettono il cuore: la Mensa Sociale di Assemini e la Consulta delle Donne.

Sono un piccolo esercito di volontarie, dodici “Zie affettuose”della Consulta delle donne, capitanate dalla signora Francesca Caria, che si occupano della mensa sociale del comune di Assemini. Non offrono un semplice servizio di gestione, ma offrono un ambiente familiare, un momento di serenità e di ascolto a persone sole e in difficoltà.

Nel 2016 il Comune di Assemini, presenta durante un’assemblea pubblica, il progetto della Mensa Sociale. L’amministrazione mette a disposizione un certo numero di pasti prodotti dalla stessa ditta che serve le mense scolastiche, e cerca un’associazione di volontariato disposta a  gestire il servizio, l’erogazione dei pasti e la sistemazione dei locali di via Raffaello , dopo il servizio. La signora Francesca Caria, una forza della natura, con le signore della Consulta delle Donne si offre immediatamente.

Sono dodici si alternano nella piccola e accogliente sala-cucina, in gruppi di 4 per turno. Le signore della foto non hanno voluto indicare i propri nomi,  perché si considerano una squadra, scherzano con gli ospiti seduti a tavola, sono bravissime a creare un clima sereno e familiare. Il servizio accoglie circa 15 commensali che si siedono a tavola e consumano il pasto al caldo. Alcuni di loro infatti vivono per strada, come Ignazio Scalas senza un tetto da quasi 3 anni. «Prima vivevo in una vecchia casa che mi aveva messo a disposizione  un amico», racconta Ignazio, «ma era già molto malandata, l’avrei anche sistemata, ma sono senza lavoro da anni,  poi ha cominciato a pioverci dentro, è diventata pericolante e  l’ho dovuta lasciare. Adesso mi arrangio per strada». Ignazio scherza con le signore, si prendono in giro a vicenda. Altri ospiti come Efisio, che non vuole far conoscere il suo cognome ha una casa, ma è da solo e invalido e ovviamente senza reddito. Alla mensa trova gentilezza e qualcuno che lo ascolta quando recita un lungo elenco di acciacchi e magari gli consiglia qualche antico e soprattutto economico rimedio. Le persone che consumano il pasto alla mensa sono tutti uomini, si è provato a inserire qualche donna, ma i tentativi sono inesorabilmente falliti. Le donne che hanno bisogno di aiuto ci sono, ma vengono a prendere il pasto e lo consumano a casa loro. Su un tavolo ci sono tante buste azzurre che contengono i pasti d’asporto: sono quelli per le famiglie con minori che consumano il pasto in casa, sono circa 45 i pasti forniti con questa modalità. Inoltre è previsto anche il servizio a domicilio per quelle persone che non possono uscire di casa perché invalide, al momento sono due. «Noi ci siamo 5 giorni su sette per il pranzo, quando il servizio mensa delle scuole era fermo», racconta Francesca, una signora sempre sorridente e piena di energie, « ci hanno aiutato anche le ragazze che lavorano per la ditta che produce i pasti. Noi siamo qui anche nelle giornate di festa e in queste occasioni oltre il pasto cerchiamo sempre di mettere a disposizione degli extra, il panettone o la colomba per esempio» e mentre parla mette sul fuoco una moca gigante, l’extra quotidiano. Dopo pranzo si chiacchiera mentre si sorseggia il caffè.

«Col tempo si sono create delle amicizie, tanta solidarietà tra gli ospiti», prosegue orgogliosa la presidente della Consulta,«se uno di loro sta male e non può venire c’è sempre qualcun altro che si offre di portargli il pasto a casa». È evidente che non è solo la necessità di un pasto che viene soddisfatta, ma il bisogno di parlare di sentirsi accolti e capiti. Il comune ci mette i pasti e le Donne della consulta ci mettono il caffè, il loro tempo e il cuore.

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