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(FOTO) “Valegnameria”, un po’ falegname un po’ Valentina: le splendide creazioni in legno di un’artista sarda

valegnameria

 

Valentina Musio, in arte Valegnameria, è un’artista sarda capace di creare meraviglie. Con la sua arte, mai statica, riesce a esprimere movimento, profondità, prospettiva, giochi di luce e ombre. Eppure lavora il legno, idealmente un materiale rigido, compatto, solido. La sua particolarità è l’utilizzo della tecnica su livelli, che permette alla sua opera di affacciarsi sul mondo e quasi prendere vita, grazie anche alla geometria delle forme. Ci ha raccontato la sua arte e anche un po’ se stessa.

Ciao Valentina, raccontaci di te.

Mi chiamo Valentina Musiu e mando avanti il progetto che si chiama Valegnameria. Il nome è nato dal fatto che sono sempre stata dislessica e da bambina, anziché Valentina, scrivevo “Falentina”. Il mio logo è un martello e una vite, il significato non è collegato al Comunismo o ai Pink Floyd come tanti pensano, ma è riconducibile al fatto che un bravo falegname per lavorare non debba mai utilizzare il martello, le viti o il chiodo, perché dovrebbe saper fare tutto lavorando ad incastri.

Parlaci del tuo mestiere. Com’è nata Valegnameria?

Ho una qualifica di operatore del legno presa a Bologna dove ho imparato il mestiere, come si suol dire. Da operatrice edile sono passata a essere Restauratrice del legno. Con un mio collega a Bologna, ho iniziato questo progetto con tema il mare e la voglia di tornare in Sardegna. Dopo due anni e mezzo l’idea si è concretizzata, ho deciso di tornare a casa e trasformare la cantina di mio nonno in un laboratorio per avviare questo progetto che si basa principalmente sui livelli, quindi il diverso uso degli spessori del compensato del legno per creare profondità e movimento. C’è da dire che inizialmente mi chiesi che avessi fatto, ci sono stati momenti di sconforto, ma poi mi venne in mente la linea “Gentijedda”, incentrata sulla Sardegna, con la quale vado avanti.

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Il tuo lavoro è nato grazie a un eredità artistica della tua famiglia?
Io non avrei mai pensato di fare il falegname, non conosco un falegname in famiglia, in realtà la mia storia è tragicomica dato che tutto nacque per via del terremoto. Ero a Bologna, c’erano delle scosse e lavoravo come restauratrice edile, siccome lavoravo in alto e il mio datore di lavoro non voleva che stessi sui trabattelli, mi fece lavorare in un laboratorio del legno per una settimana. La settimana dopo c’era ancora rischio terremoto e allora continuai a stare nel laboratorio, rendendomi conto che mi stavo innamorando di quel mestiere. Il legno è diventato una passione,una cosa che mi appartiene. Il bello di essere una falegname e una restauratrice è che posso sia distruggere che reinventare sempre. Da questa situazione è nata “Gentijedda”, la linea sarda.

“Gentijedda” è  la tua linea preferita?

Non è la mia preferita ma quella che mi ha dato l’identità. Perché per creare questa linea ho dovuto tirare fuori tutto quello che è il mio bagaglio culturale. È stato il punto di partenza di tutto, lavoravo con i bambini insegnandogli a a disegnare utilizzando le figure geometriche e questa tecnica ha aiutato anche me per vedere lo schema della creazione, così è nata “Gentijedda”. I miei soggetti preferiti però sono gli animali, perché a differenza dal soggetto sardo che già esiste, creo l’animale da zero.

Con la tua arte riesci a dare al legno la leggerezza che solo un origami di carta può mostrare. Come ti senti a opera finita?

Il mio più grande difetto è che corra maledettamente. Faccio tutto in un giorno, se inizio Klimt finché non lo finisco non vado a dormire! La prima volta che faccio qualcosa di nuovo sento una sorta di ansia da prestazione, ho l’esigenza di correre, vederlo finito e sentire anche le opinioni del pubblico. Mi piace confrontarmi.

Hai un sogno nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è ampliare il mio progetto per il quale sto lavorando in diversi ambiti, come il corso di imprenditoria che sto seguendo. Vorrei creare una Factory di Valegnameria, mi piacerebbe tanto insegnare, fare dei workshop, affermare il mio tratto e renderlo riconoscibile e unico.

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