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Gianfranco Coizza, chef di successo a Praga. Un passato da attore hard: ora è tra i cittadini illustri di Nuoro

Gianfranco Coizza

Buon sangue sardo non mente e Gianfranco Coizza ne è un esempio: 45enne nato a Nuoro, di recente è stato inserito dallo scrittore Marcello Fois tra i cittadini illustri dell’Atene sarda. Ormai a Praga da anni, dopo una parentesi di vita nel mondo del cinema hard, ha cambiato mestiere e scoperto una passione, la cucina. Ma se credete che questo amore per i fornelli, gli ottimi ingredienti e la sperimentazione siano un hobby, sbagliate di grosso: Gianfranco Coizza infatti si occupa di catering su misura, è docente in corsi di cucina e “private chef” e svolge la sua professione con un unico motore, quello della dedizione, impegno e passione.

Ecco la sua storia, che racconta di un uomo con tanti interessi («Amo viaggiare, la letteratura, la musica, il cinema, le lotte sociali, la natura e la Sardegna, una meravigliosa incompiuta. Ho giocato a calcio, pallacanestro e pallavolo e da poco ho scoperto la boxe, sport che mi ha sempre affascinato, e devo dire che ormai è qualcosa più di un hobby»), una amata famiglia («Ho una compagna, Anna, che fa la fotografa di moda ed è slovacca. Abbiamo un figlio di 4 anni, Elias, nome in parte ispirato dal romanzo Elias Portolu di Grazia Deledda e lei ha un figlio dal precedente matrimonio, Adam, che per la maggior parte del tempo vive con noi») e ad un certo punto, come molti conterranei ha deciso di attraversare il mare per mettersi in gioco e cercare il suo posto nel mondo.

A che età e perché sei partito dalla Sardegna?

«Ho lasciato la Sardegna poco prima dei 19 anni. Un po’ per la naturale voglia di viaggiare e scoprire il mondo, un po’ perchè Nuoro mi stava stretta. Mi sono trasferito a Siena, ho studiato Lettere Moderne, in particolare letteratura inglese e ispanoamericana, per poi specializzarmi in letteratura comparata: mi interessavano e mi interessano tuttora le dinamiche delle letterature post-coloniali, ma anche la letteratura mittel-europea. L’amore per Praga nasce grazie alla letteratura. A Siena ho anche collaborato ad un progetto di trasformazione del locale Circolo degli immigrati sardi in una sorta di associazione culturale. Insieme ad altri studenti e amici facemmo attività molto interessanti, dalla presentazione di scrittori come Marcello Fois e il compianto Giulio Angioni, alla creazione di una rivista, chiamata Argyrophlebs, che raccoglieva fra gli altri un intervento di Tzvetan Todorov. Il tema era quello dell’identità. Un tema che non ho mai smesso di affrontare, prima come aspirante scrittore, e oggi come chef».

 

La parentesi dell’hard: cosa ti ha dato e ti ha tolto? Rimpianti o ripensamenti?
«È una parentesi che non rinnego ma della quale parlo poco volentieri perchè si presta troppo facilmente a pregiudizi e travisamenti. Non credo che mi abbia cambiato come persona. Può darsi che influenzi la percezione che può avere di me chi non mi conosce personalmente. Non è comunque un mio problema: per natura tendo a guardare all’oggi e al domani».
La decisione di cambiare vita e dedicarti alla cucina: come e quando è avvenuta?
«”Cambiare vita” può sottintendere un giudizio di tipo morale. Cambia vita chi magari faceva il delinquente e poi si redime. Io non ho cambiato vita, ho cambiato professione. La mia vita è fatta, per fortuna, di altre cose: famiglia, amici, impegno sociale e politico. Studio, ricerca, arte. Cercare di capire il mondo che mi circonda e, per quanto possibile, cercare di renderlo più giusto per chi verrà dopo di me».
Dove lavori oggi? Sei soddisfatto?
«Mi occupo di “bespoke catering”, ossia catering fatto su misura per eventi e serate a tema. Inoltre tengo corsi di cucina e lavoro come “private chef” e come consulente. Sto lavorando ad alcuni progetti che riguardano la comunicazione e l’organizzazione di serate pop-up di divulgazione dei trend gastronomici odierni. Sono soddisfatto perchè mi consente di mantenere la mia mente elastica, aperta alle influenze ed alle collaborazioni».

La tua cucina da cosa è ispirata? I piatti sardi entrano nei tuoi menu?
«La mia cucina è ispirata dai viaggi, dai mercati, a volte da opere d’arte, ma anche dalla fotografia, in particolare da quella che guarda alla miracolosa bellezza della natura. Ovviamente la Sardegna è presente. Nei corsi di cucina tendo a far conoscere ricette tradizionali, ma la cucina non è un museo….la cucina è divenire, evoluzione, ricerca. È fondamentale conoscere la tradizione culinaria sarda, ma non si deve smettere di cercare nuove strade, nuovi sapori, nuove combinazioni di ingredienti».
Gianfranco Coizza oggi e domani: com’è il tuo presente e come vorresti che fosse il tuo futuro
«Il mio presente è fatto di lavoro, studio, ricerca. Credo che la Sardegna abbia davanti a se una fase storica cruciale. Prendere coscienza di se, essere indipendenti mentalmente, affrontare le sfide e il futuro con orgoglio, fiducia e senza vittimismi. E credo che la gastronomia possa fare tanto in questa fase. Abbiamo una generazione di chef che può fare per la nostra isola quel che negli anni passati e ancora oggi fanno scrittori e intellettuali quali Sergio Atzeni, Marcello Fois, Giulio Angioni, Michela Murgia e tanti altri ancora. Il mio futuro lo vedo così: essere più presente in Sardegna e dare il mio contributo a questa crescita. Con spirito aperto alla collaborazione ed alla contaminazione. La nostra terra ha un potenziale enorme. È ora di smettere di aspettare la pappa pronta, la pappa cuciniamola noi». 

Un consiglio ai tuoi figli

«Studiare e leggere tanto, formarsi una coscienza critica, essere menti libere. Non accontentarsi di verità preconfezionate. E ricordarsi di avere compassione per i più deboli, e nessuna paura degli arroganti e dei potenti. E sicuramente farò loro leggere una poesia di Antonio Machado che per me è una sorta di stella polare, una guida costante nel mio percorso esistenziale:

Caminante, son tus huellas
Viaggiatore, sono le tue orme
el camino y nada más;
il cammino e niente più;
Caminante, no hay camino,
Viaggiatore, non c’è cammino,
se hace camino al andar.
si fa il cammino camminando.

Al andar se hace el camino,
Camminando si fa il cammino,

y al volver la vista atrás
e volgendo lo sguardo indietro

se ve la senda que nunca
si vede il sentiero che mai

se ha de volver a pisar.
dovrai tornare a calpestare.

Caminante no hay camino
Viaggiatore non c’è cammino

sino estelas en la mar.
solo scie nel mare.

La ricetta per noi: Fregola risottata al cannonau con caprino, pera e cacao amaro

Ingredienti per 4 persone:

360 gr fregola media (se la trovate, prendete quella artigianale), 500 ml cannonau, 750 ml brodo vegetale (carota, sedano e cipolla), 160 gr caprino morbido (idealmente da fattorie sarde), 2 pere Abate, 1 peperoncino fresco, 2 chiodi di garofano, 1 anice stellato, 1 bastoncino di cannella, 20 gr zucchero di canna, grezzo, Succo di mezzo limone, 1 cucchiao di grappa o acquavite, 10 gr cacao amaro (eco sostenibile), Olio EVO, Sale e pepe q.b.

Procedimento:

Pelare e tagliare a pezzi le pere. Saltare le pere a fuoco vivo brevemente col peperoncino e circa 10 gr di zucchero. Aggiungere l’acquavite e sfumare. Aggiungere le spezie e qualche cucchiaio d’acqua. Le pere dovranno insaporirsi senza però perdere consistenza. Dopo circa 5 minuti togliere dal fuoco e aggiungere il succo di mezzo limone. Lasciar riposare uno o due minuti. Poi filtrare (tenendo da parte il succo) ed eliminare le spezie.

Frullare le pere, passarle attraverso un colino e creare una purea non troppo liquida. Mettere da parte. Nel frattempo portare ad ebollizione il brodo vegetale. In un ulteriore pentolino portare a ebollizione e ridurre il cannonau di circa un terzo, aggiungendo lo zucchero rimasto.

In una padella larga e fonda, col fondo spesso, versare un filo d’olio. A fiamma viva tostare velocemente la fregola e poi aggiungere il vino caldo. Una volta evaporato l’alcol, aggiungere il brodo caldo e cuocere la fregola come un risotto. Aggiustare di sale e pepe. Quando la fregola è cotta ma ancora ben al dente, togliere la padella dal fuoco, aggiungere metà del caprino e mantecare lasciando per circa un minuto riposare col coperchio su un piano freddo.

Servire aggiungendo il restante caprino in quenelle, la purea di pere e spolverare col cacao amaro. Volendo si può decorare il piatto con erbette aromatiche. Buon appetito!

 

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