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(FOTO) Il viaggio di Autunno in Barbagia: Orotelli, terra di grano e patria de “sos cambales”

Orotelli, tradizioni - Fonte www.sardegnaturismo.it

Siete pronti per trascorrere un altro straordinario fine settimana? Bene, allora rilassatevi e godetevi il viaggio di Autunno in Barbagia che procede, come un treno, per regalarvi autentiche emozioni, all’insegna del folclore, delle tradizioni e dell’eccellente enogastronomia del cuore pulsante della Sardegna. La mostra itinerante che svela le ricchezze dell’entroterra barbaricino si appresta a mostrare altri gioielli della Barbagia, in occasione del suo tredicesimo appuntamento. Meta di appassionati e curiosi saranno, questa volta, le “cortes” di Ollolai e Orotelli, che si concederanno per due giornate indimenticabili, dal 24 al 25 di novembre. Due destinazioni splendide, ciascuna con una propria identità, che aspettano solo di essere scoperte. Oggi, in questo suggestivo viaggio tra i tesori del lato più puro dell’Isola, vogliamo recarci in una località che è nuova al circuito di Autunno in Barbagia, un paesino in granito della Sardegna centrale, dove la vita è segnata da tradizioni secolari e antichissimi riti carnevaleschi: andiamo a Orotelli, terra di grano e patria de “sos cambales”.

Inserito nel club dei borghi autentici d’Italia, Orotelli è un paesino prettamente agricolo che si incontra nella Barbagia di Ollolai, a metà strada tra Nuoro e Macomer. Caratteristico borgo di pietra granitica, questo centro barbaricino si adagia a 406 metri d’altitudine, ai piedi della catena montuosa del Marghine, sull’altipiano di “Sa Serra”, in un’area rupestre, disseminata da rocce di varie qualità e dalle forme suggestive. Qui la natura è straordinaria, e generosa accoglie il viandante con panorami emozionanti: ruvida e forte, come il granito che domina il paesaggio, verde e profumata, come la fitta macchia mediterranea che riveste il territorio, calda e rigenerante, come le sorgenti d’acqua solforosa che sgorgano, abbondanti, nelle campagne circostanti. Il granito è trama ricorrente anche nei due nuclei che compongono l’abitato, separati naturalmente da una sinclinale, ma uniti nell’aspetto così solido e robusto della roccia. La pietra, infatti, fu impiegata come rivestimento delle abitazioni tipiche dai selvaggi profili barbaricini: basse e robuste dimore sono l’anima del centro storico, custodito nel rione più antico, ma il granito ritorna anche nel rione più recente, quello di “Mussinzua”, costruito a partire dagli anni ’70 del secolo scorso e, oggi, ancora in espansione. Nonostante l’asprezza del territorio, Orotelli si è sempre distinto dai limitrofi centri agro-pastorali per la sua eccellente produzione cerealicola, specie quella del grano che lo rese famoso anche oltre i confini dell’Isola: nel 1892, infatti, il borgo conquistò il primo premio a Venezia per l’ottima qualità di grano duro prodotta. Terra natia del famoso scrittore Salvatore Cambosu, questo paesino, però, è celebre soprattutto per la sua secolare tradizione artigianale, legata alla lavorazione della pelle, che viene portata avanti di generazione in generazione dai mastri calzolai orotellesi. Orotelli, infatti, è noto per essere la patria de “sos cambales”, i classici stivali della Barbagia, divenuti simbolo indiscusso del paese: sono ancora realizzati a mano con estrema precisione, impiegando forme di legno e osso di capra per le rifiniture e la rilegatura, mentre per i tagli del cuoio si usano lesine di spago e trincetto. Non solo tradizioni artigiane, però. Orotelli è anche culla di arcaici riti pagani, memoria della millenaria cultura rurale che sfocia nel tradizionale carnevale, tra i più suggestivi dell’Isola, insieme a quelli di Mamoiada e Ottana: per le vie del paese, qui, sono i “Thurpos”, “i ciechi”, a sfilare; uomini dal volto annerito di fuliggine, con gli occhi coperti dal cappuccio di un lungo pastrano di orbace, detto “su gabbanu”, e un fardello di campanacci legato in vita. Escono in coppia, appaiati come un giogo di buoi e guidati da un terzo “Thurpu – contadino” che con una fune li trascina a sé e li governa. L’uscita dei “Thurpos” è un richiamo ad un antico rituale propiziatorio, legato al culto di Dioniso, e rappresenta la lotta del contadino contro gli elementi della natura: la rappresentazione culminerà con “sa tenta”, la cattura del prigioniero che verrà poi costretto a offrire da bere a tutti. Altra maschera peculiare orotellese, legata sempre a rituali dionisiaci, è “S’Eritaju”, “il riccio”, che indossa un saio bianco con cappuccio e porta una collana di tappi di sughero e aculei di ricci: con il viso coperto da un rosso tessuto di lana, si diverte ad abbracciare le donne che incontra lungo il cammino e a pungerle sul petto.

Un borgo rivestito di granito, secolari tradizioni artigianali, antichi rituali carnevaleschi: sono tanti i motivi per scoprire questo paese, il cui nome – in sardo Oroteddi – ha etimo e origini incerti. Secondo alcuni linguisti potrebbe derivare dai sostantivi di origine greca “Oros” (altura) e “Tello” (nascere), in riferimento alla sua posizione collinare. Per altri, invece, il nome deriverebbe dal latino “Ortellius” ovvero “terra d’oro”, poiché ricca di grano. Recenti studi, invece, lo collegano a un’antica voce fenicia con il significato di “sito protetto”.

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 Autunno in Barbagia: Orotelli 27  

BREVI CENNI STORICI. Nonostante i dubbi sull’etimo, è certo che Orotelli abbia un passato antichissimo che si tramanda tra storia e leggenda. La sua terra granitica fu frequentata sin dalla fine del Neolitico: a raccontarlo sono numerose testimonianze, eredità della cultura prenuragica e nuragica, quali il famoso dolmen di Sinne, le tombe dei giganti di Forolo e di “Sa Turre ’e Su Campanile”, e i tanti nuraghi presenti sul territorio, tra cui il nuraghe Aeddos. L’attuale abitato potrebbe aver avuto origine durante l’epoca romana, giacché situato lungo il tragitto della strada che dall’antica Caralis conduceva a Olbia: come testimoniano alcuni ruderi risalenti al II secolo d. C., fu proprio in quel periodo che le sorgenti di acqua calda solforosa, “sos Banzos”, cominciarono ad essere sfruttate e nel sito di “Thidorrai” fu rinvenuta, invece, una moneta raffigurante Marco Giulio Filippo Augusto detto Filippo l’Arabo, imperatore romano dal 244 d. C. al 249 d. C. . Per la leggenda, invece, le origini del borgo sono medievali e si devono ad un pastore e al suo bestiame perduto: stando al racconto popolare, l’uomo, proveniente da un paese vicino, dopo una lunga ricerca avrebbe finalmente ritrovato i suoi animali nei pressi della fontana detta “Ischattai” – ora rione di Orotelli – e affascinato dalla fonte e dall’incanto del luogo, decise di trasferirsi con la sua famiglia, fondando così il paese. Al di là della leggenda, è proprio nel Medioevo che si ritrovano le prime notizie certe sull’esistenza del borgo, quando la “villa d Oroteddi” faceva parte del Giudicato di Torres ed era inserito nella curatoria di Sarule. Successivamente passato al controllo del Giudicato d Arborea, il villaggio subì poi il dominio dei conquistatori iberici e, al principio del Seicento, fu incorporato nel Marchesato di Oristano. Furono secoli di dominio feudale, durante i quali Orotelli passò sotto il controllo di diverse signorie, tra cui i De Silva, e conobbe un governo esterno, duro e severo, che terminò solo nel 1838, quando gli orotellesi poterono finalmente riscattare il feudo.

COSA VEDERE. Tra natura, storia, architettura granitica e suggestive tradizioni, il borgo di Orotelli offre variegate attrazioni. Oltre al dolmen di Sinne e alle tombe dei giganti di Forolo e di “Sa Turre ’e su Campanile”, il fascino del passato orotellese può essere ammirato attraverso i vari nuraghi sparsi sul territorio, tra cui il maestoso nuraghe Aeddos, risalente all’età del Bronzo: costruito con enormi blocchi di granito, ha dimensioni ciclopiche ed è rimasto intatto nella sua altezza originaria. Interessanti sono altresì il piccolo nuraghe Càlone, all’ingresso del paese, e un nuraghe con torre centrale e bastione trilobato, conservato all’interno del parco “sa Serra”. Il fascino di Orotelli, però, traspira soprattutto dalla pietra granitica che caratterizza l’architettura del borgo, dove svettano magnifici luoghi di culto. Nel centro storico, tra le tipiche case basse con cortile, dalla forte impronta barbaricina, e le stradine, strette e ripide, vi stupiranno i contorni dell’antica parrocchiale di San Giovanni Battista, un imponente monumento romanico con un suggestivo campanile trecentesco: l’edificio, che conserva ancora il suo aspetto originario nella facciata, nell’abside e nelle paraste angolari di transetto e fianchi, fu costruito in trachite rossa al principio del XII secolo e, per 23 anni (116-1139), fu sede della diocesi di Othana (Ottana). A breve distanza si trova, poi, la graziosa chiesetta di San Lussorio, costruita in conci di granito che caratterizzano anche il suo campanile. I monumenti sacri dominano anche il più recente rione di “Mussinzua” che conserva la chiesa del Santissimo Salvatore, un tempo rurale e risalente al XVI secolo, e l’altra parrocchiale dello Spirito Santo, edificata sui ruderi di una trecentesca chiesa aragonese. L’arte sacra è peculiarità anche della campagna circostante, nel Medioevo centro di villaggi ormai scomparsi: qui svettano il santuario di Nostra Signora di Sinne, dedicata ai martiri cristiani Ambiso e Ampilo, e la chiesa di San Pietro di Oddini, che sorge nei pressi delle sorgenti “sos Banzos”.

NATURA. Orotelli si scopre anche attraverso le suggestioni della natura circostante, specie quelle regalate dalla pietra granitica che sovrasta il territorio. Magnifica è la riserva naturale di “Sa Serra”, nota anche come “Serra di Orotelli”, costellata di tonalite che assume le forme più bizzarre: qui, infatti, si ergono imponenti agglomerati rocciosi che conferiscono al paesaggio un insolito aspetto, come la roccia a forma di fungo, quella a forma di elefante e il complesso roccioso chiamato “l’aquila”. La riserva, dominata da una fitta e profumatissima vegetazione mediterranea, è rifugio di differenti specie faunistiche, nonché custode delle testimonianze nuragiche del passato del borgo. Interessanti sono altresì le già citate sorgenti di acqua calda solforosa, “sos Banzos”, sfruttate sin dall’antichità per le preziose proprietà terapeutiche.

CUCINA E ARTIGIANATO. Questo paesino di granito si scopre anche attraverso la sua cucina, che porta in tavola i sapori autentici della tradizione barbaricina. Grazie anche al passato di centro produttore di grano pregiato, raffinata è la lavorazione del pane, ma non mancano prodotti legati alla pastorizia, come “su Casizzolu”, una provoletta di latte vaccino lavorata interamente a mano. Tra i gustosi dolci, oltre alle più classiche “seadas”, spicca “su Pistiddu”, un dolce tradizionale di pasta sfoglia, ripieno di sapa o miele. Orotelli, però, è noto soprattutto per la magnifica arte artigiana, quella dei calzolai che trasformano la pelle nei pregiati “cambales”, una tradizione che ha resistito nei secoli e che si è rafforzata anche in seguito alla crisi del settore cerealicolo degli anni ’70, che ha comportato la scomparsa della comunità agricola. Non mancano, inoltre, la lavorazione del ferro battuto, quella del granito e, ancora, l’intaglio del legno e del sughero e l’arte del ricamo.

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