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La censura corre in rete. La poesia di Andrea Melis contro il razzismo vittima dell’algoritmo di Facebook

Andrea Melis

Andrea Melis

Non capita spesso di trovarsi davanti ad un qualcosa che rapisce, cattura l’attenzione e, con un’immediatezza singolare arrivi al lettore. Nella poesia questo è ancora più raro. Ci si imbatte in costruzioni artificiose, oppure in schemi tortuosi che innalzano le aspettative per poi farle miseramente crollare. Così si è portati a pensare che la poesia sia un campo per pochi, che non venga apprezzata, oppure ancora, la si relega al passato, confermando il binomio “Poeti – grandi autori”, che lascia ben poco spazio agli autori emergenti.

Ma le eccezioni esistono, eccome se esistono. Questo è il caso di Andrea Melis, trentottenne cagliaritano, poeta o, come si definisce lui “parolaio”. La storia di Andrea è una di quelle che sembra uscita direttamente da un libro, anche se profuma squisitamente di realtà. E forse è proprio questa la sua forza, la realtà che raccontata nelle sue poesie lo porta ad essere apprezzato dal suo pubblico, specialmente sui social. Ciò che colpisce è che per la pubblicazione Andrea non si rivolge ai classici canali dell’editoria, ma decide di diventare imprenditore di se stesso e di lanciarsi nell’ avventura dell’auto-pubblicazione del suo libro in seguito ad un crowdfunding.

Certo, con la pubblicità e il marketing che una casa editrice è in grado di creare intorno ad un prodotto è difficile competere, anche se i social stanno mettendo in discussione questo paradigma. Forse è per questo che Andrea è stato accusato di farsi pubblicità nei modi più disparati, come per un caso di censura relativo ad una delle sue poesie pubblicate su Facebook esplicitamente contro il razzismo, che conteneva al suo interno la parola “negri” e, in seguito a delle segnalazioni, è stata eliminata dal celebre social network. Il parolaio cagliaritano ha provato a contattare anche gli “addetti ai lavori”, ma ancora non è riuscito a ricevere le risposte sperate: «Non trovo giusto che un algoritmo possa cancellare un qualcosa di cui ha frainteso il significato, ma se le segnalazioni sono arrivate dai razzisti stessi vuole dire che quella poesia ha smosso qualcosa, ha dato fastidio». Oltre a ciò, sono arrivate tantissime condivisioni della poesia “Ma dimmi tu questi negri” che smonta uno ad uno gli slogan tipicamente razzisti, tradotta e condivisa anche dagli Stati Uniti e questo ha creato ancora più eco e rumore intorno alla pagina di Andrea che si divide tra poesie, lavoro, famiglia. «Mi piace che le poesie vengano condivise, è un processo che non puoi controllare, mi interessa però che finiscano nei canali appropriati, dove viene capito il loro significato. Non vogliano che finiscano in contesti razzisti o che non abbiano a che fare con il loro senso».

La copertina del libro “Bisogni”

 

Ciò che emerge da questa storia intrisa di fato, realtà e talento è sicuramente il coraggio: quello di mettersi a nudo e di provare a costruire un qualcosa di concreto con la propria arte, nonostante le condizioni non siano sempre favorevoli, nonostante a volte gli avvenimenti remino contro, ma anche, casualmente, a favore, come l’episodio della poesia censurata, il coraggio di costruire e tramandare un qualcosa che valga la pena leggere perché dà voce a un coro silenzioso di persone che si riconoscono in quel messaggio, semplice, diretto, immediato, ma dietro il quale ci sono ben quindici anni di lavoro: «Mi piace pensare che anche la lettura di una scontrino mi abbia portato dove sono adesso, che tutto quello che ho fatto nella mia vita mi abbia portato fino a qui» spiega Andrea, parlando del suo progetto «Sono fatalista, spero di raccogliere ciò che ho seminato».

Quindi, come recitava la frase di un celebre film: «Se il battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’ altra parte del mondo…» Magari anche  “Bisogni”, questo il titolo del libro, darà il via ad altrettante, stupefacenti, sorprese.

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