roma.vistanet.it

Lo sapevate? Roma ha anche un nome segreto, che pochissimi conoscono

Lo sapevate? Roma ha anche un nome segreto, che pochissimi conoscono.

 

Sin dall’antichità Roma ha anche un altro nome segreto e da sempre pronunciarlo era sacrilegio. Quale era questo nome e che cosa accadde a Ovidio che cercò di rivelarlo?

Ai nomi di Roma sono legati tantissimi aneddoti. Secondo una tradizione diffusa nell’antichità, una città aveva tre nomi: uno sacrale, uno pubblico e uno segreto. Al nome pubblico di Roma era unito il nome religioso di Flora o Florens, usato in occasione di determinate cerimonie sacre, quello segreto è rimasto sconosciuto.

Il motivo e la necessità di questa segretezza riporta a un’altra tradizione diffusa presso gli antichi (ma anche in alcune culture contemporanee non occidentali) e che si ritrova anche nella storia dell’origine della scrittura: il nome di un oggetto o di una entità esprimeva l’essenza e l’energia dell’oggetto o entità che definiva. Nominare qualcosa equivaleva a renderlo vivo ed esistente e la conoscenza del nome significava, in pratica, avere il potere di influire, in bene o in male, sull’oggetto di cui si possedeva la conoscenza.

Nel caso di una città il nome segreto corrispondeva, di fatto, al nome segreto del Nume tutelare e infatti i Pontefici romani, nelle invocazioni, si rivolgevano a “Giove Ottimo Massimo o con qualunque altro nome tu voglia essere chiamato”. In base a questo principio negli assedi veniva evocato il dio protettore della città assediata, promettendogli riti e sacrifici migliori, affinché abbandonasse la tutela della città nemica, e per questo motivo i romani conservarono con estrema cura il nome segreto della loro città. Quinto Valerio Sorano fu giustiziato per avere divulgato il nome.

Rome monument Arch of Constantine and colosseum

Il nome della Città di Roma doveva restare segreto, era sacrilegio pronunciarlo. La ragione, per i romani, era riconducibile all’antico rito dell’Evocatio. L’Evocatio era un rito per il quale si invocava (e-vocare significa “chiamare da un luogo”), pronunciandone il nome, il dio protettore di una città davanti alle mura di essa durante l’assedio. Conoscere il nome del dio equivaleva nell’idea ad impadronirsi dell’essenza della città assediata e a sottometterla.

Tale nome era probabilmente a conoscenza dei soli pontefici massimi. C’è chi, in tempi moderni, ha provato a suggerire un’ipotesi: il poeta e latinista Giovanni Pascoli, nel suo Inno a Roma sostiene che il nome segreto di Roma fosse il suo palindromo, Amor, cioè amore

 

Secondo Pascoli, che ne parla nell’ode Inno a Roma, il nome segreto di Roma era il palindromo della stessa, Amor, cioè amore, il che significava la dedica segreta della città a Venere, dea dell’amore e della bellezza, ricollegandosi quindi al culto di Venere genitrice, madre di Enea e della stirpe romana. Molti storici hanno concordato con questa ipotesi.

Secondo altri studiosi, il nome segreto sarebbe Maia, la Pleiade madre di Mercurio, e il poeta Ovidio sarebbe stato esiliato per averlo rivelato o pronunciato. Le principali Pleiadi sono sette e Maia è la più grande; esse simboleggerebbero i Sette Colli di Roma.

Nel 2017 ad oltre duemila anni dall’esilio dalla Capitale, la città di Roma ha riabilitato il poeta latino Publio Ovidio Nasone, revocando ufficialmente la “relegatio” decisa dall’imperatore Augusto. Quattro anni fa l’Assemblea Capitolina ha approvato all’unanimità la mozione, proposta dalla maggioranza Cinquestelle, per “riparare al grave torto subito” dall’autore delle Metamorfosi che venne esiliato a Tomi, in Romania.

 

 

Exit mobile version