Lo sapevate? Piazza di Spagna è in una poesia di Cesare Pavese, ma la targa commemorativa non è più presente.
Articolo di Rita Chessa.
Sarà un cielo chiaro.
S’apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell’aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane ‒
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.
Sarai tu ‒ ferma e chiara.
Questi sono i versi della poesia “Passerò per piazza di Spagna” che Cesare Pavese, scrittore, poeta, traduttore e critico letterario italiano, dedicò nel 1950 alla famosa attrice statunitense Constance Dowling. La donna divenne la musa di uno dei maggiori intellettuali italiani del XX secolo ed iniziò con lui una breve relazione che terminò bruscamente e senza una motivazione. Il testo è parte di una raccolta di dieci poesie pubblicata postuma al suicidio dello scrittore con il titolo “Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi”.
Nel suo “Il mestiere di vivere, diario” lo scrittore ha espresso la propria amarezza per non averla avuta accanto a sé in occasione del conferimento del premio Strega. Nello stesso componimento c’è un passaggio che presagisce le sue intenzioni: “Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, amore, disillusione, destino, morte”.
Passeggiando per la piazza, la ritroviamo fedele alla sua descrizione, tutto sembra ricordare questo sogno disatteso dove lui non incontrerà mai lei “ferma e chiara”.
Volevamo fotografare la targa che fino a poco tempo fa compariva vicino la frequentatissima dai turisti sala da tè Babington’s fondata nel 1893. Ma nessuno si è accorto che è scomparsa. Non sappiamo se in fase di restauro, o è stata rubata, ma provo a chiedere timida a qualcuno in piazza: “Scusate ma che fine ha fatto la targa con la poesia di Cesare Pavese?” Mi rispondono: “Era qui fino a poco tempo fa…”
Decido allora di percorrere via Condotti, vado a prendere una crema al Caffè Greco, da 250 anni ritrovo di centinaia di artisti, personaggi noti ed intellettuali tra cui Hans Christian Andersen, Charles Baudelaire, Johannes Brahms, Antonio Canova, Giacomo Casanova, Gabriele D’Annunzio, Giorgio de Chirico, Goethe, Renato Guttuso, Ingres, James Joyce, John Keats, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche, Pier Paolo Pasolini, Silvio Pellico, Franz Liszt, Schopenhauer, Toro Seduto, Giuseppe Ungaretti, Richard Wagner, Orson Welles e l’elenco potrebbe durare ancora a lungo.
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Mentre assaporo la crema mi sovvengono le parole che Pavese scrisse in una lettera alla sua Constance: “Cara Connie, volevo fare l’uomo forte e non scriverti subito, ma a che servirebbe? Sarebbe soltanto una posa”.
Frasi coerenti con la sua convinzione che per l’amore non esistono strategie perché è “come la grazia divina, l’astuzia non serve”.
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