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Lo sapevate? A Roma c’è la Fontana delle Api: perché si chiama così?

Roma è piena di magnifiche e antiche fontane, una più bella dell’altra. Molte sono dedicate ad animali e hanno forme e aspetti molto curiosi. Tra queste c’è l’incredibile Fontana delle Api, che si trova all’angolo tra piazza Barberini e via Veneto, progettata dal grandissimo Gian Lorenzo Bernini nel 1644. Scopriamo perché si chiama così.

 

La fontana delle Api è stata concepita dal come un fontanile pubblico collocato nei pressi della monumentale fontana del Tritone.

La sua collocazione originaria era sull’angolo di palazzo Soderini, tra piazza Barberini e via Sistina. In uno dei locali del pianterreno dell’edificio, Bernini aveva progettato  un sistema per raccogliere l’acqua di ritorno della fontana del Tritone, da lui disegnata pochi mesi prima su commissione di papa Urbano VIII Barberini (1623-1644).

La fantasia dell’artista diede ad una struttura di servizio, l’insolita forma di una conchiglia bivalve aperta. La valva più in basso fungeva da catino, mentre l’altra valva, modellata per aderire all’angolo dell’edificio retrostante, era decorata alla base da tre api (simbolo araldico della casata del Pontefice). Un’iscrizione ricordava l’intervento del papa per la costruzione della fontana e del fontanile come “pubblico ornamento della città”.

La fontana fu smontata nel 1865 per ragioni di intralcio alla viabilità e depositata nei magazzini comunali di Testaccio. Nel 1915, quando si decise di rimontarla, la maggior parte dei pezzi non fu però più ritrovata, e ne venne commissionata una copia ad Adolfo Apolloni, che al posto dell’originario marmo lunense impiegò il travertino, proveniente dalla demolita porta Salaria. La valva inferiore, che in origine era a livello del piano stradale, fu rialzata su una cornice di massi, e quella superiore non venne più fatta poggiare su un palazzo, bensì venne collocata in posizione isolata. Così rinnovata, la fontana fu inaugurata il 28 gennaio 1916 nella sua collocazione attuale, all’imbocco di via Veneto da piazza Barberini. Frammenti dell’ape centrale e della porzione di valva su cui poggia costituiscono le uniche parti originarie dell’opera.
La fontana è stata restaurata nel 2000. Nel 2004 la testa di un’ape, andata perduta in seguito ad un atto vandalico, è stata sostituita con una copia.

La fontana risponde all’insolita forma di conchiglia bivalve aperta, con la parte superiore verticale, modellata in questo modo per aderire all’angolo del retrostante palazzo Soderini (ove si trovava un tempo), e quella inferiore, a livello di strada, in funzione di vasca. In questo catino rotondo e scannellato, infatti, viene raccolta l’acqua che sgorga dai tre sottili zampilli collocati sotto altrettante api, scolpite sopra la cerniera di raccordo tra le valve.

Nella loro semplicità iconica, le tre api in realtà irradiano messaggi multiformi. Le api, infatti, sono il simbolo araldico della casata del Papa committente, Urbano VIII Barberini; un’altra chiave di lettura, tuttavia, ci è offerta dal Trattato dell’Amore di Dio di San Francesco di Sales, edito nel 1616, dove le api vengono paragonate alle anime durante il loro soggiorno terrestre. Questo nodo di significati intende celebrare anche la purezza delle acque sgorganti dalla fontana, così dolci da poter essere paragonate al miele prodotto dalle api; nella fontana, inoltre, l’acqua si trasforma nel ronzio sottile delle api, dando così vita a una metamorfosi acqua-suono.

Le tre api su sfondo azzurro, simbolo della famiglia Barberini.

Ma il popolo romano non amava la famiglia Barberini (che smantellò molti monumenti antichi per costruire nuove strutture e palazzi) e questa malevolenza coinvolse anche le tre api, che – venne notato – succhiavano una gran quantità di acqua dalla vasca, ma ne restituivano pochissima, chiara allusione alle ingenti tasse che il governo imponeva, restituendo ben pochi benefici al popolo.

 

 

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