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Monumenti romani: la Porta Magica di Piazza Vittorio Emanuele II

Monumenti romani: la Porta Magica di Piazza Vittorio Emanuele II.

La Porta Alchemica, detta anche Porta Magica (o Porta Ermetica o Porta dei Cieli) è un monumento costruito tra il 1655 e il 1680 dal marchese di Pietraforte Massimiliano Savelli Palombara nella sua villa, che sorgeva proprio dove oggi si trova piazza Vittorio Emanuele II (prima nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino).

Oggi si può ammirare la Porta Alchemica nei giardini all’interno di piazza Vittorio Emanuele II. La sua posizione originaria era lungo un muro perimetrale a ridosso di villa Palombara. Nel 1873 la Porta Magica fu smontata e ricostruita nel 1888 all’interno dei giardini, su un vecchio muro perimetrale della chiesa di Sant’Eusebio, e accanto furono aggiunte due statue del dio Bes, che si trovavano in origine nei giardini del Palazzo del Quirinale.

Il nome della porta si deve ad alcune iscrizioni misteriose realizzate come graffiti sul frontone, sul gradino e sugli stipiti della porta. Potrebbero essere delle formule alchemiche per trasformare gli elementi in oro.

Pare infatti che il marchese Palombara fosse amico di alchimisti e astrologi che si riunivano nella sua villa per discutere dell’occulto e di argomenti esoterici ed erano anche dediti a sperimentazioni in un laboratorio costruito all’interno della villa.

La Porta Alchemica è l’unica sopravvissuta delle cinque porte di villa Palombara. Negli anni ’80 lo stipite destro (per chi guarda) fu vandalicamente danneggiato con l’asportazione del simbolo cabalistico di Venere. Successivamente un restauro lo ripristinò.

L’interesse del marchese per l’alchimia nacque probabilmente per la sua frequentazione, sin dal 1656, della corte romana della regina Cristina di Svezia a Palazzo Riario (oggi Palazzo Corsini) sulle pendici del colle Gianicolo. Dopo che la regina si convertì al cattolicesimo, abdicò al trono di Svezia e passò gran parte del resto della sua vita a Roma, dal 1655 fino alla sua morte avvenuta nel 1689.

Cristina di Svezia era un’appassionata cultrice di alchimia e di scienza (fu istruita da Cartesio) e possedeva un avanzato laboratorio gestito dall’alchimista Pietro Antonio Bandiera.

 

Secondo la leggenda, tramandata nel 1802 dall’erudito Francesco Girolamo Cancellieri, un pellegrino chiamato stibeum (dal nome latino dell’antimonio) fu ospitato nella villa per una notte. Costui, identificabile con l’alchimista Francesco Giuseppe Borri, trascorse quella notte nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l’oro. Il mattino seguente fu visto scomparire per sempre attraverso la porta, ma lasciò dietro di sé alcune pagliuzze d’oro, frutto di una riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che doveva contenere il segreto della pietra filosofale.

Il marchese cercò inutilmente di decifrare il contenuto del manoscritto con tutti i suoi simboli ed enigmi, finché decise di renderlo pubblico facendolo incidere sulle cinque porte di villa Palombara e sui muri della casa, nella speranza che un giorno qualcuno sarebbe riuscito a comprenderli.

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