Nella quiete della sua casa di Orani, si è spento stamattina Paolo Modolo, il rinomato sarto sardo noto come il “Re del Velluto”. All’età di 77 anni, Modolo ha perso la vita a causa di una malattia incurabile, lasciando un vuoto nel mondo della moda sarda e oltre.

La sua salute si era deteriorata nei mesi scorsi, ma fino all’ultimo ha continuato a dedicarsi alla sua bottega, tramandando la sua maestria nell’arte della sartoria. Con la sua sartoria nel cuore di Orani, Paolo Modolo ha contribuito a preservare e promuovere la tradizione dell’abito del pastore sardo, guadagnandosi l’ammirazione di una clientela raffinata non solo in Sardegna e Italia, ma anche a livello internazionale.

Modolo ha vestito figure di spicco come Francesco Cossiga e l’artista Costantino Nivola, dimostrando un talento straordinario nella creazione di capi su misura con tessuti pregiati come il velluto, il fustagno e l’orbace. Le sue collezioni hanno sfilato in importanti città della moda, da Londra a Milano fino a Tokio.

La comunità di Orani e l’intera Sardegna piangono la perdita di Paolo Modolo, ricordato non solo come un maestro della sartoria ma anche come un uomo che ha saputo unire arte e identità attraverso i suoi abiti.

L’amico Giuliano Marongiu, esprimendo il suo dolore, ha sottolineato la collaborazione artistica con Modolo e l’onore di presentare molte edizioni di “Moda sul Monte Gonare”, un evento che ha fuso creatività e tradizione sarda sotto il chiaro di luna.

Conosciuto per definirsi “mastru ‘e pannos” (maestro del panno), Paolo Modolo ha lasciato un’impronta indelebile nell’industria della moda sarda, dimostrando che vestire è molto più di un atto pratico: è un modo di comunicare e preservare l’identità. La sua eredità vivrà attraverso gli abiti che ha creato e nell’ispirazione che ha lasciato dietro di sé.

A Paolo Modolo, il “Maestro del Velluto Sardo”, va l’ultimo affettuoso saluto.

Il 1 maggio del 1981 a circa 2 miglia e mezzo da Capo Bellavista venne pescato un enorme squalo bianco. Fu un avvenimento eccezionale, sia per il tipo di cattura che per la stazza dell’esemplare, che misurava oltre 6 metri e si impigliò per sbaglio nelle reti a tramaglio.

La barca San Francesco con a bordo il pescatore di origine ponzese Antonio Morlé, con il figlio Paolo, non avrebbe mai potuto portare a terra lo squalo: in loro aiuto accorse quindi Giovanni Aversano con il peschereccio Nuovo Fiore.

Alla fine lo squalo fu fatto a tranci e venduto al mercato ittico.