“Previeni le infezioni, lava le mani!”: un messaggio diretto e conciso per promuovere un gesto semplice, ma nello stesso tempo importantissimo. Lo staff della direzione del presidio ospedaliero Nostra Signora della Mercede di Lanusei ha deciso di sostenere la diffusione di questa pratica attraverso la realizzazione di una  speciale maglietta.

L’obiettivo è quello di sensibilizzare il personale sanitario che opera nel nosocomio ogliastrino e tutti i cittadini che vi accedono, a questo semplice gesto che, se eseguito in modo corretto, può evitare infezioni e salvare tante vite. Un tema, quello del lavaggio delle mani, molto sentito dall’azienda socio-sanitaria ogliastrina, tanto da essere inserito dalla direzione generale come obiettivo assegnato ai direttori delle strutture ospedaliere.

«Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il lavaggio delle mani è la prima linea di prevenzione – spiega Luigi Ferrai, direttore del presidio ospedaliero N.S. della Mercede di Lanusei – con questa iniziativa vogliamo sottolineare quanto sia importante questo semplice gesto. Indossare la maglietta che abbiamo ideato può rappresentare un modo efficace per tenere alta l’attenzione del personale che lavora all’interno della nostra struttura e ricordare agli utenti che vi accedono quanto sia importante lavarsi correttamente le mani».

Una procedura che, se eseguita correttamente, porta via a ciascuno di noi non più di 60 secondi. Gli step da seguire sono semplicissimi e bastano i “classici” acqua e sapone, oppure gli ormai onnipresenti dispenser di soluzioni idroalcoliche. Nonostante ciò, in tanti continuano a sottovalutare l’importanza di questa pratica e sembrano aver ormai riposto nel dimenticatoio tutti gli insegnamenti che la pandemia ci ha lasciato in eredità da questo punto di vista. «È fondamentale che la gente capisca che con le mani si veicolano tante infezioni – sottolinea Alessio Piras, infermiere – lavare le mani significa evitare la diffusione di virus e batteri. Questo a causa del Covid in parte si è compreso, ma c’è ancora tanto da lavorare. Molti hanno riabbassato la guardia e noi con questa iniziativa vogliamo ricordare l’importanza di non perdere questa abitudine. Se poi – conclude Piras – riusciremo a convincere le persone a reiterare in casa questi comportamenti, saremo ancora più soddisfatti».

L’iniziativa di sensibilizzazione è nata anche in seguito alla nascita in seno alla Asl Ogliastra del Cica (Comitato per la lotta alle infezioni correlate all’assistenza), costituito da diversi componenti in rappresentanza di ciascuna area dell’Azienda. «Questo comitato è di recente istituzione – spiega Lisa Deiana, assistente sanitaria – tra i suoi compiti ci sono quelli di stimolare le attività e le best practice finalizzate alla riduzione delle infezioni, come ad esempio quelle relative al lavaggio delle mani o alla sorveglianza delle infezioni dei siti chirurgici».

La campagna “Previeni le infezioni, lava le mani!”, non è che il primo step di un progetto di sensibilizzazione alla lotta alle infezioni più ampio e che si svilupperà nei prossimi mesi. Sono previste, infatti, nuove iniziative che coinvolgeranno attivamente anche altre realtà e istituzioni del territorio ogliastrino.

S’Arcu e is Forros, a pochi chilometri dal passo di Correboi – ancor oggi uno dei più importanti punti della viabilità sarda –, è considerato dagli studiosi il più importante centro metallurgico nuragico in Sardegna e non solo: si trattava di una specie di Lourdes nuragico. Ma andiamo per gradi.

Qui, ben 3500 anni fa, i nuragici costruiscono un nuraghe monotorre e un primo insediamento di capanne, ma il cambiamento avviene nel 1200 a.C.: è allora che soffia il vento della rinascita. Nasce una nuova architettura sacra, che si basa sull’acqua, vista ovviamente come elemento vitale, e S’Arcu e is Forros, santuario nuragico ricco di templi, diventa crocevia di “pellegrini”: «Forse in occasione di feste o ricorrenze legate all’annata agraria, arrivavano dai villaggi vicini numerose persone a piedi o con i carri» racconta Alessandra Garau, una delle guide turistiche di Archeonova, squadra composta da eccellenti professionisti.

Ma non solo: come abbiamo detto, S’Arcu e is Forros era per le persone di allora una specie di Lourdes nuragico. «In queste occasioni ci si incontrava, si scambiavano merci o animali, si stipulavano contratti, si banchettava e naturalmente si pregava nei pressi dei templi. I sacerdoti accoglievano i fedeli si invocavano alla Divinità lasciando nei templi pregiati doni che, oltre al loro valore materiale, portavano in sé l’immenso valore delle speranze e delle preghiere che imploravano la grazia di una guarigione o di risoluzione di un problema. I preziosi bronzi ritrovati nei templi, oggetti di uso comune ma anche i celebri bronzi figurati che conosciamo con il nome di “bronzetti”, sono dei veri e propri ex voto che avevano la stessa funzione di supplica e preghiera degli ex voto che ancora oggi vengono lasciati nelle chiese dedicate ai Santi dalle proprietà miracolose.»

Così arriviamo al primato importante che dà a S’Arcu e is Forros il riconoscimento di più importante centro metallurgico della Sardegna. Durante la loro storia millenaria, dall’Età del Bronzo medio a quella del Ferro, tra il 1600 e il 600 a.C., i nuragici hanno sviluppato abilità artigianali eccellenti. Non erano solo contadini, pastori e costruttori – spiega Garau – ma anche bravissimi fabbri. «Nelle officine fusorie nuragiche venivano realizzati attrezzi per l’edilizia e il lavoro sui campi,» continua Garau «venivano forgiati accessori per l’abbigliamento, monili e manufatti preziosi che venivano scambiati in segno di amicizia e benevolenza tra capi nuragici oppure donati ai navigati che si fermavano in Sardegna: l’economia si basava sugli scambi di beni e oggetti di valore perché ancora non esisteva la moneta.»

Ed ecco che culto e metallo si uniscono: nei bronzetti che venivano appunto “venduti” alle persone, che poi li donavano per ricevere favori dalle divinità.

Ciò che distingue però S’Arcu e is Forros dagli altri villaggi nuragici è la presenza di vere e proprie officine fusorie: qui venivano prodotti gli oggetti che venivano scambiati durante le feste e che venivano consegnati in dono ai sacerdoti.

Unico ed eccezionale: così viene definito un monumento in particolare.

Dopo un attento studio, è emerso qualcosa di stupefacente: «Il ritrovamento di scorie di metallo e resti di fusione ha fatto capire agli archeologi che poteva trattarsi di fornaci per l’estrazione dei minerali: dalle piccole aperture messe alla base, con dei grossi mantici, veniva soffiata l’aria per alimentare i fuochi e raggiungere le alte temperature necessarie a fondere i metalli. È suggestivo pensare che, a distanza di tremila anni, il sito conserva nel suo nome l’essenza della vocazione che aveva in epoca nuragica: S’Arcu ‘e is Forros si potrebbe tradurre come il Valico dei Forni. Questo nome evocativo riassume l’importanza del sito e la potenza della comunità che lo abitava: era situato nei pressi di un valico appunto, luogo di passaggio, di confine ma anche di incontro, da dove era possibile controllare la porta occidentale dell’Ogliastra. I forni richiamati nel nome poi sembrano voler riassumere la vocazione, oltre che sacra, produttiva connessa alla metallurgia e alla ricchezza dovute alla straordinaria capacità di lavorare e gestire i preziosi metalli da parte di abili artigiani e di potenti sacerdoti.»