L’influencer del diritto Cappai sui reati contro gli animali: “Situazione migliorata, ma si può fare di più”
Cosa rischia chi investe un animale e non si ferma a prestare soccorso? E per il maltrattamento e l’uccisione di un animale cosa prevede la legge? L’avvocato Salvatore Cappai, influencer del diritto, risponde a queste e ad altre questioni spinose sul mondo dei nostri amici a quattro zampe.
Classe 1985, sassarese d’adozione e, con 350mila follower sui social, sul podio del Sole24Ore come influencer del diritto… anzi, per riprendere le parole della rivista Capital, il 38enne è “il più giovane genuinfluencer del web”.
Si chiama Salvatore Cappai, si occupa di infortunistica stradale e di assistenza alle imprese ma ha un occhio di riguardo sulla tutela dei nostri amici a quattro zampe. Sempre accompagnato dalla sua cagnetta Gaia, sua inseparabile compagna di vita, sensibilizza le persone sul valore degli animali nella nostra vita, dando consigli legali anche su questo tema.
«Ciò che mi piace» aveva rivelato in un’intervista rilasciataci qualche tempo fa «è che le persone conoscano anche Salvatore, non solo l’avvocato o lo studio legale.»
Sì, perché Cappai ha messo su una vastissima community che si rivolge a lui per consigli d’ogni tipo, e il rapporto che si è creato è genuino, sano, d’ascolto e comprensione.
Oggi però spiega ai lettori di Vistanet alcune questioni spinose legate al mondo degli animali d’affezione.
Cosa rischia chi, dopo aver investito un animale con la propria auto, non si ferma per chiamare i soccorsi?
Per il nostro Codice della Strada il conducente che investe e ferisce un animale (d’affezione, da reddito o protetto; con buona pace di tutti gli altri che non rientrano in queste categorie) ha l’obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso dello stesso. Se non si attiva in tal senso è punito con la sanzione amministrativa che può superare i 1.600 euro. A questo stesso obbligo sono soggetti anche i trasportati a bordo del mezzo o dei mezzi coinvolti nel sinistro, ma la sanzione per la loro inottemperanza è decisamente inferiore e può arrivare ad un massimo di 337 euro. Non sono soggetti – per ora – ad alcun obbligo di intervento i semplici passanti. È importante chiarire come non sia richiesto un soccorso diretto sull’animale, che potrebbe rivelarsi dannoso per lui e pericoloso per l’improvvisato soccorritore. Ci si deve semplicemente attivare per far sì che intervengano le forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Locale, Vigili del Fuoco) e/o i servizi veterinari.
Che pene sono previste per chi maltratta o uccide un animale d’affezione?
Il maltrattamento e l’uccisione volontari di un animale d’affezione sono comportamenti che integrano dei seri delitti previsti dal nostro Codice Penale. In particolare, chiunque – per crudeltà o senza necessità – cagiona una lesione ad un animale o, ancora, lo sottopone a sevizie, comportamenti, lavori o fatiche insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. Va detto che anche la semplice incuria dell’animale (ad esempio, privandolo di cibo e acqua o di un riparo dal sole e dalle intemperie) integra un maltrattamento, più o meno grave a seconda dei casi. Se questa trascuratezza è voluta la pena è sempre quella vista poc’anzi; se invece è involontaria si applica un’altra norma che punisce con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro “chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
Come anticipato, anche l’uccisione di animali è oggi un delitto. Per il Codice penale colui che, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni. Vi stupirà sapere che questa fattispecie è stata introdotta per la prima volta come reato autonomo soltanto nel 2004, ovvero meno di vent’anni fa. Prima di allora, per fare un esempio concreto, il proprietario che avesse ucciso il proprio cane non sarebbe andato incontro ad alcuna condanna e quindi ad alcuna pena.
Parliamo di abbandono, invece: cosa si rischia ad abbandonare il proprio amico a quattro zampe?
Anche l’abbandono di un animale, oltre che un comportamento spregevole, integra un reato previsto dal Codice penale. La norma stabilisce che chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Una sanzione pecuniaria sicuramente importante che però raramente trova applicazione, sia per via dei carenti controlli sia per delle procedure esistenti che consentono di evitare la condanna.
Cosa prevede la legge con riguardo agli animali d’affezione in condominio?
Farà sicuramente piacere sapere che nel nostro ordinamento non ci sono leggi che vietino la convivenza con gli animali d’affezione in condominio. Però – perché c’è sempre un però – secondo i nostri giudici la loro presenza può ancora essere impedita attraverso il regolamento condominiale avente natura contrattuale; quello le cui clausole vanno approvate all’unanimità e che solitamente viene predisposto dal costruttore originario. Non hanno la stessa valenza, invece, il regolamento condominiale o le decisioni dell’assemblea adottati a maggioranza. Questi ultimi, qualora dovessero imporre il divieto di detenzione di animali, ben possono essere dichiarati nulli.
Per quanto detto, un consiglio assai utile per tutti coloro che vivono con un animale e che intendono acquistare un appartamento in condominio è quello di verificare in anticipo cosa stabilisce il regolamento condominiale contrattuale in merito alla possibilità o meno di detenere animali domestici.
Microchip: c’è molta confusione. Ma l’iscrizione all’anagrafe canina determina o meno la proprietà?
Il microchip e la corrispondente iscrizione in anagrafe canina sono strumenti certamente importanti per la tracciabilità dei cani presenti in Italia (e lo stesso discorso può essere fatto per gatti e furetti, anche se per loro è facoltativa). Quel che gran parte delle persone non sa è che si tratta di un adempimento di natura puramente amministrativa e non determina in alcun modo l’acquisizione della proprietà sull’animale. Per il nostro diritto civile, infatti, gli animali (purtroppo) sono ancora dei semplici oggetti, dei beni mobili non registrati e di conseguenza la loro proprietà si trasferisce con il semplice consenso tra le parti legittimamente manifestato, senza particolari formalità. Quando si effettua l’iscrizione in anagrafe, dunque, si dichiara una proprietà che già esiste; non la si acquisisce in quel momento.
Che importanza hanno gli animali domestici nelle nostre vite? Le cose stanno cambiando, è vero, ma c’è ancora molta avversione.
Nelle case degli italiani abitano attualmente più di sessanta milioni di animali d’affezione; quindi più di uno per cittadino. Già questo sarebbe sufficiente a dimostrare come la società sia cambiata e come sia mutato il rapporto che intercorre con questi speciali compagni. Gli animali, perlomeno dalla gran parte dei loro custodi umani, sono considerati dei veri e propri membri della famiglia e vengono compiuti enormi sacrifici per farli vivere in serenità. Se è vero che i comportamenti poco rispettosi e violenti ci sono sempre (spesso retaggio di una cultura arretrata) è anche vero che la situazione è migliorata tantissimo, con una evidente evoluzione della sensibilità sociale sul tema. Quel che un tempo poteva essere considerato normale oggi risulterebbe aberrante. Per fare un semplice esempio, basti pensare che sino al 1991 tutti i cani accalappiati e non reclamati entro un breve periodo potevano tranquillamente essere soppressi. Quell’anno una legge statale ha stabilito l’espresso divieto di questa pratica. Tanto si è fatto ma, ovviamente, tanto rimane ancora da fare, principalmente a livello di educazione, sensibilizzazione e informazione, partendo dai più giovani. Lavoriamo per questo!
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