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Il mistero di Mannorri, il paese ogliastrino scomparso a causa di una faida

Mannorri era un paese situato nella zona tra Urzulei e Talana. In pochi sanno che in quell’area prima si trovava questo piccolo paesino dalla terra fertile, ricco di vigneti, mandorleti, piante di melograno e di gelso, abbandonato però intorno alla fine del ‘700. La causa della scomparsa di Mannorri fu una rovinosa, tremenda, faida.

Le leggende che raccontano la storia di questo paese sono due, accomunate da una trama infelice: protagoniste in entrambi i racconti, perfetto connubio tra storia e leggenda, sono infatti due donne dal triste destino, morte a causa di un uomo.

La prima leggenda è quella di Dominica Angela Ciccoi, detta “Sa bella ‘e Mannorri”.

Il paese è in festa, pronto per i festeggiamenti de S’Anghelu, immerso in una calda giornata primaverile. Giuanni “Indentiu”, soprannominato così perchè pare avesse già tutti i denti da appena nato (caratteristica considerata dalla comunità come un cattivo presagio), non era un giovane particolarmente affascinante.

Le testimonianze dell’epoca lo descrivono come simile a “un’istria” (un barbagianni). Successe che Giuanni si innamorò perdutamente di Dominica, la più bella del villaggio. Il cuore della donna era però già occupato da un giovane originario di Orgosolo che portava a pascolare il bestiame a Mannori.

Durante i balli sardi in occasione della festa, Giuanni non resistette alla bella Dominica e la baciò in pubblico, suscitando la violenta reazione dei parenti di lei. Schiavo della gelosia, si scagliò allora contro il rivale in amore là presente, aggredendolo con un coltello. La disputa si trasformò in una vera lotta per le vie del paese.  “‘Or mannor de Orthullè” , ovvero gli anziani di Urzulei, raccontano di scene violente, tra la gente che scappava e i due uomini che lottavano terribilmente, per la quale persero la vita una ventina di persone, compresi i due pretendenti della donna. Presa dalla disperazione, convinta di aver determinato lei tutto ciò, Dominica morì di crepacuore tra le braccia della madre. Le lotte e le rivendicazioni continuarono anche dopo la morte de “Sa bella ‘e Mannori”, e fu così che il paese lentamente morì, trascinando nel buio anche i suoi usi e costumi. I pochi mannorrini superstiti si rifugiarono la maggior parte ad Urzulei e Talana, altri a Triei, Barisardo e Tortolì.

La seconda leggenda, vede invece come protagonista “S’isposa ‘e Mannori”, giovane ragazza di Orgosolo.

La donna avrebbe dovuto sposare a giorni il sagrestano di Mannori, il quale le promise una vita di ricchezza e benessere. Egli, poco prima del matrimonio, rubò un drappo di stoffa pregiata, il baldacchino, dalla chiesa del suo paese per regalarlo alla futura sposa, affinchè ne facesse “sa este” (il vestito) per lo sposalizio. La giovane lo portò alla madre la quale però si insospettì alla vista di una simile stoffa e, informatasi al riguardo, poco prima che iniziasse a confezionare il vestito disse alla figlia che il suo futuro sposo era il ladro del baldacchino.

Il matrimonio venne celebrato comunque a Orgosolo, e dopo la cerimonia i due si diressero verso Mannori. Durante il viaggio, la donna vedendo prima dei maiali, poi delle vacche chiese al suo sposo di chi fossero. Egli rispose che erano sue. Giunti nel monte sopra Mannori, si misero a osservare il panorama dall’alto, e la giovane chiese al sagrestano di mostrargli quale fosse la sua casa. “Cussa prur manna!” (Quella più grande) rispose l’uomo, indicando in lontananza la chiesa. Proseguirono il cammino finchè S’Isposa ‘e Mannorri, giunta nel paese, scoprì che il sagrestano viveva in una misera abitazione. Allora la donna capì di aver sposato un uomo bugiardo e cattivo, che la ingannò promettendole la bella vita e fingendosi ricco. L’offesa a Orgosolo determinò la nascita di una serie di rivendicazioni e odi che inasprirono i rapporti tra i due paesi, determinando la lenta scomparsa degli abitanti di Mannorri. Un giorno, vinta dallo sconforto, rendendosi conto che la sua vita da quel momento in poi sarebbe stata triste e dura, iniziò a cantare:

a su coro meu aione

a goddiremur granada

femina male coiada

chin-d-un’omine iscumbessu

juttu m’at bentu travessu

travuntana mi brullesi.

sa die chi t’amoresi

mi ch’eren postu in sa ruche

pro sos modos chi mi juchet

pro sos modos chi mi portat

menzus sepurtada e morta

chi non bennida a su mundu.

Cuore mio, andiamo

raccoglieremo melagrane

donna mal sposata

con un uomo malvagio

mi è giunto un vento contrario

la tramontana si è burlata di me.

Il giorno che mi sono innamorata

mi sarei dovuta crocifiggere

per i modi che usa nei miei confronti

per le cose che non vedo

per le cose che non capisco

al limite delle mie forze

uniti fortuitamente

 

Aspetto particolare di entrambe le leggende è la presenza in scena di una Orgosolo sconvolta da un torto: prima con l’uccisione di un suo giovane, poi con l’inganno di una sua donna. Probabilmente, il fatto che un piccolo paese come Mannorri avesse “offeso” il più popoloso Orgosolo, potrebbe essere stato la causa del triste destino del paesino d’Ogliastra.

 

 

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