La triste fine della piccola Maria Molotzu: rapita, morta e tumulata in un muretto a secco
Il malvivente non rivelò né come fosse morta Maria, né quando, ma il dubbio resterà: la piccola venne tumulata viva e poi data alle fiamme (come alcuni indizi suggerivano), venne uccisa in altro modo o morì perché ancora le sue condizioni di salute non erano certo stabilissime?
È il 7 luglio del 1933 e la famiglia Molotzu sta percorrendo i 37 chilometri che separano Bono da Sedilo dopo la festa di Santu Antine. Il papà Pietrino – podestà di Bitti – e la mamma, Maria Carta, sono andati a sciogliere un voto fatto in onore di San Costantino: la loro bimba di cinque anni, in auto con loro in quel momento, infatti ha a lungo combattuto tra la vita e la morte e ora il pericolo sembra scongiurato. Maria, questo il suo nome, un anno prima si era rovesciata un pentolone d’acqua bollente e si era salvata per un pelo.
Nell’abitacolo, anche un notaio, l’autista e un’altra parente.
A un certo punto, intorno alle 19 e 30, l’auto deve fermarsi: alcuni uomini armati sbucano sembra quasi dal nulla e costringono tutti a scendere.
È l’inizio di una delle vicende più crude e tristi dell’Isola.
La banda di Bitti: ecco come verranno poi chiamati i fratelli Pintore – Giovanni e Antonio –, Antonio Congiu e Giovanni Chironi: in periodo fascista si fregiarono della triste fama di andare oltre i limiti, e lo fanno anche questa volta.
Torniamo a quel giorno. I Molotzu e gli amici vengono costretti a percorrere un paio di chilometri in mezzo alle campagne. A un certo punto, i malviventi si allontanano con Pietrino e il notaio. I due racconteranno poi che, nonostante il codice barbaricino parlasse chiaro – no a donne e bambini – gli uomini ventilarono subito l’ipotesi di non rapire Pietrino, ma proprio la piccola Maria. Del resto – questo sostengono – la bimba sarebbe stata più “semplice” da trasportare.
La decisione è presto presa.
Mentre Maria Carta stringe a sé sua figlia, un uomo le si avvicina e le dice che Pietrino la vuole salutare, ma la donna si accorge subito che, dopo averle strappato dalle braccia la bambina, si dirige da un’altra parte rispetto a dove poco prima si era diretto con suo marito. Quindi… capisce e non le rimane che piangere.
La richiesta di riscatto arriva presto: i banditi vogliono 150mila lire in monete d’argento. Poco tempo dopo, abbassano la somma a 30mila. Purtroppo però le voci di paese parlano chiaro: Maria è morta, si dice. Il riscatto, in ogni caso, non verrà mai pagato.
La banda si dà alla macchia ma nel ’34 i malviventi vengono scovati e alcuni freddati in un conflitto a fuoco.
Uno dei fratelli Pintore, sopravvissuto – ma condannato a morte e fucilato nel ’36 a Pratosardo –, dà delle precise indicazioni su dove trovare la piccola Maria.
Ed è proprio in un muretto a secco nelle campagne di Ollolai, seminascosto, che viene ritrovato il corpicino della bambina, sotto alcuni vestiti che sembrano bruciati. L’uomo non rivela né come fosse morta Maria, né quando, ma il dubbio resterà: la piccola venne tumulata viva e poi data alle fiamme (come alcuni indizi suggerivano), venne uccisa in altro modo o morì perché ancora le sue condizioni di salute non erano certo stabilissime?
Non verrà mai data una risposta a questo quesito, quel che è certo è che la vicenda della piccola Maria Molotzu rimarrà nella storia.
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