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La leggenda sarda di San Valentino: i due innamorati tramutati in Menhir, Su Para e Sa Mongia

Innamorati o no, non si può negare che il giorno di San Valentino sia quella ricorrenza annuale che, puntuale, ci ricorda di festeggiare o celebrare la forza più potente che ci sia, quella dell’amore.
In tema con questa giornata vi raccontiamo una delle tante leggende sarde legate al forte sentimento protagonista di tutte le fiabe e favole della storia della letteratura mondiale: la leggenda dei menhir de Su Para e Sa Mongia.

La storia vuole che una coppia fuori dal comune, formata dall’unione di un frate e una suora, innamoratisi follemente l’uno dell’altra, fuggirono insieme dall’isola di Sant’Antioco, da dove entrambi provenivano, abbandonando gli abiti religiosi e mettendo a repentaglio quella che era la loro fede. A rigore di quelle che sono le regole cristiane, la fuga dei due amanti è stata un grande errore che la coppia pagò aspramente perché ne causò la fine della vicenda rosa.

Infatti, al contrario di tutte le fiabe d’amore, i due ecclesiastici non ebbero un lieto fine comune né un “Vissero felici e contenti”. Gli amanti, giudicati dalla ragione Divina, vennero tramutati in pietra, colpevoli di una relazione d’amore proibita. I due, ormai pietrificati, vennero posti in un campo come monito per ricordare a tutti i passanti che il Divino si sarebbe opposto a ciò che è considerato un errore. Da un altro punto di vista è anche vero che si può guardare il finale con occhi diversi, immaginandoci un epilogo dalla vena più romantica, pensando al fatto che i fidanzati, seppur con altre fattezze, stiano da sempre e per sempre uno accanto all’altra.

Ma questa leggenda appartiene alle credenze “moderne”, ideata per dare un senso Cristiano e non più pagano. Le pietre infatti nella realtà originale descrivono un’unione positiva. Alludono alla rigenerazione e alla fertilità, sia della terra che dei popoli, come è regola per tanti menhir sparsi per la Sardegna. In questo caso i due menhir aniconici (cioè privi di immagini, non figurativi) risalgono all’eneolitico (l’Età del Rame, intorno al III Millennio a.C.). Li si possono visitare recandosi vicino allo stagno di Santa Caterina sull’istmo che collega la Sardegna all’isola di Sant’Antioco, all’interno di un campo privato. Sono stati realizzati in roccia trachitica, tipica del territorio, e chiamati proprio Su Para e Sa Mongia (il frate e la suora),presentano uno caratteristiche maschili e l’altro prettamente femminili. Intorno alla storia dei due menhir di Sant’Antioco, rimarrà comunque un alone di mistero, il quale è risaputo piaccia tanto alla Sardegna.

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