Un sardo a Dubai, Luca Carbini e la cucina mediterranea che delizia gli arabi: “Mi piacerebbe insegnarla ai giovani”
Un sardo a Dubai, lo chef Luca Carbini da San Gavino Monreale agli Emirati Arabi. Nelle cucine tra le più lussuose del mondo. E malloredus e seadas deliziano i palati più esigenti nella terra degli sceicchi. "La carne alla griglia o il barbecue qui mi ricordano la cucina in Sardegna".
Una carriera iniziata come tante in questo settore. Per Luca, prima la formazione superiore in Sardegna, la classica “gavetta” e poi il via al suo percorso, con tanta esperienza maturata anche all’estero. Nel 2020, poi, ecco la proposta per lo chef sardo: un lavoro da responsabile nel cuore del lusso, a Dubai. “Ho raggiunto un traguardo, certo”, il commento del giovane sangavinese, “ma ho ancora tante cose da scoprire in questo settore”.
La cucina mediterranea è il suo punto di forza. Piatti italiani e sardi, con i prodotti arrivati direttamente dal marchio “Is Mellus”, nelle sfarzose sale da pranzo del Capital Club. “La nostra cucina è sicuramente ben vista qui. Carciofi, malloredus, bottarga, ad esempio. Ma ci sono anche le seadas, la burrata e i gamberi di Mazara del Vallo. Ultimamente vanno tanto i piatti col tartufo bianco”.
Il lavoro dei suoi sogni, un posto da executive chef, l’orgoglio di rappresentare la Sardegna nel suo settore. E soprattutto la consapevolezza dell’importanza della cultura culinaria mediterranea. “Mi piacerebbe magari aprire una scuola di cucina sarda e italiana da queste parti. Far così conoscere ai giovani il nostro prodotto”.
Un sardo fra le stelle di Dubai, dunque. Una capitale moderna che sa di Europa, dove anche il fattore religioso non è affatto “pressante”, come potrebbe credere erroneamente qualcuno.
Certo, come spesso succede, ambientarsi non è subito facile, ma piano piano ci si riesce. Del resto, nel paese degli sceicchi e dell’Islam Luca non si sente poi così lontano da casa. “Vista la storia, forse anche noi sardi abbiamo un po’ di Dna arabo. Anche nella cucina. La carne alla griglia fatta dagli arabi ricorda la Sardegna e il modo di cucinare dei miei nonni. L’unica differenza è che qui non si mangia il maiale”.
E chissà se il giovane di San Gavino un giorno, magari non così lontano, non torni nella sua Sardegna. “Perché no? Magari in una società, aprendo qualche attività mia, se ci fosse una buona occasione. Ma se ne riparla fra una decina d’anni”.
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Come si vestivano i nuragici? La “moda” del Popolo di Bronzo
Come si vestiva il popolo nuragico? Quali erano gli abiti delle donne, degli uomini e dei guerrieri? Come portavano i capelli? Scopriamolo insieme
Oggi andiamo a ricostruire insieme quella che era la “moda nuragica”, grazie ad alcune testimonianze giunte fino a noi.
Le donne indossavano per lo più delle lunghe tuniche e dei mantelli. Portavano i capelli suddivisi in lunghe trecce e cappelli conici e a cappuccio.
Gli uomini, invece, indossavano tuniche corte con delle sopravesti di pelle, gambali di cuoio, e sulla testa berretti cilindrici oppure a calotta, per proteggersi dal freddo.
I poveri, invece, indossavano un semplice perizoma che fasciava le reni.
Diverso, come racconta molto bene M. Pallottino nel suo libro “La Sardegna Nuragica” (Roma, 1950), l’abbigliamento dei guerrieri nuragici: “I guerrieri indossavano anche tuniche striate, con elementi di cuoio e protezioni per le spalle. Gambali ed elmi, sempre di cuoio. Quest’ultimi con appendici piumate o con le note corna taurine, che appaiono anche in altri luoghi dell’antico Mediterraneo. Il normale guerriero era difeso anche da uno scudo rotondo e armato di spade, lance e giavellotti. Frequenti sono le rappresentazioni di arcieri con armamento più leggero ( pugnale o daga a lama fogliata) e non mancano i frombolieri. Va notato che in questo caso i guerrieri portano capelli lunghi ricadenti in trecce sul petto”.
Un contributo importante alla ricostruzione di quello che era il vestiario del popolo nuragico è stato dato da Angela Demontis nel suo libro “Il Popolo di Bronzo”. Anni fa, la studiosa e artista sarda ha analizzato a fondo i reperti in nostro possesso e ricostruito con dovizia di particolari (a dimensione reale) di abiti, armi ed utensili dei Bronzetti nuragici. Un lavoro eccezionale, reso celebre anche da alcune mostre dedicate ai suoi lavori, dove la studiosa ha reso giustizia a una grande civiltà, non limitandosi solo a ricostruirne il vestiario ma anche ad approfondirne le tecniche di creazione, dalle erbe utilizzate per produrre i colori per le stoffe alla ricerca dei materiali.
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