Piergiorgio Welby era nato a Roma, il 26 dicembre 1945. Attivista e giornalista intraprese una lunga battaglia per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico in Italia e per il diritto all’eutanasia. In questa sua battaglia fu sostenuto dal Partito radicale. Welby affetto da distrofia sapeva che la sua patologia lo avrebbe portato alla condizione di rimanere attaccato a un respiratore e aveva sempre manifestato il desiderio di non essere rianimato, ma il suo desiderio non su rispettato, e dal 1997 l’attivista fu attaccato a un respiratore.
Il 12 aprile 2005, benché incapace di muoversi, fu accompagnato da esponenti del Partito Radicale a votare in occasione del referendum sulla fecondazione assistita. Grazie a questo gesto fu inserita una norma che ha consentito, a partire dalle elezioni della XV Legislatura, di votare ai degenti impossibilitati a recarsi alle urne.
Nel 2006 Welby cominciò a presentare richieste sempre più pressanti affinché gli venisse concesso di interrompere le terapie, e smosse l’opinione pubblica dividendola su un tema così delicato. Scrisse anche all’allora Presoidente della repubblica Napolitano. Fece poi richiesta al tribunale di Roma che a causa del vuoto normativo non potè accogliere la richiesta. Quello stesso giorno in 50 città italiane si tennero veglie di protesta a suo favore.
Il 20 dicembre, un medico anestesista Mario Riccio, dopo aver somministrato a Welby dei sedativi stacca il respiratore. Welby muore alle 23.45. Dopo circa un anno il medico venne assolto dando di fatto inizio al un dibattito sul tema in Italia.